di Marina Ayeb
Immagini stereotipate delle donne arabe come
deboli,
docili, vittime e sottomesse, persistono ancora fino ad oggi nell’immaginario globale. Gruppi e organizzazioni di fondamentalisti islamici e terroristi come Talebani e ISIS, film di Hollywood come “Not Without My Daughter” (1991), la storia della fuga di Betty Mahmoody dell’Iran, e “Hala” (2019), lo scontro della diciassettenne pachistana americana Hala Masood con i valori della sua famiglia conservatrice, e diversi mezzi di comunicazione di massa in generale, hanno contribuito a convalidare ed a perpetuare tali stereotipi in vari modi.
Sono tante le donne arabe che lottano da decenni contro tali cliché, nonostante gli ostacoli che hanno influenzato, e che influenzano ancora, il loro sviluppo e il loro status nella società, tra cui; l’incomprensione e l’errata applicazione della religione musulmana, l’alta percentuale di analfabetismo nel MENA region, la posizione socio economica non ottimale della donna araba e la tendenza di certe donne, con capacità intellettuali limitate, a seguire passivamente dei costumi e delle tradizioni che le svalutano come persone e come cittadine.
Oggigiorno, vivendo in una società digitalizzata, le donne arabe hanno trasmigrato la loro lotta nel cyberspace e sono diventate, di conseguenza, produttrici attive di contenuti multimediali, che consentono loro di informare un pubblico più ampio delle proprie sfide, sforzi creativi e prospettive culturali sfruttando le tecnologie digitali.
Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) digitali, i quali si sono infiltrati quasi in tutti gli aspetti della vita quotidiana/offline di milioni di arabi, nonostante il perdurante divario digitale nella regione, hanno permesso alle donne di assumere una nuova forma di partecipazione, di leadership, di avvocatura, di imprenditorialità e di organizzazione basata sulla produzione/riproduzione e diffusione di contenuti, oltre alla creazione e sviluppo di reti sociali nazionali e internazionali … leggi tutto