di Matteo Persivale
Tra docenti sospesi e seminari antirazzisti per contestualizzare i testi,
le opere del Bardo resistono alla cancel culture ma vengono messe in discussione. Cresce l’attenzione, e la prudenza
George Orwell, in 1984, prevede che entro il 2050 ma forse anche prima, «tutta la letteratura del passato sarà stata distrutta: Chaucer, Shakespeare, Milton, Byron… trasformati in qualcosa di opposto a ciò che erano prima. Il pensiero non esisterà più… Ortodossia vuol dire non pensare, non aver bisogno di pensare».
È un avvertimento terrificante, e per fortuna nei Paesi democratici la grande letteratura non è apertamente a rischio censura, ma di sicuro i grandi autori del canone occidentale vivono anni complicati: ultimamente tocca a Shakespeare, uno dei «dead white men», «uomini bianchi morti» tacciati da parte dell’accademia di una serie di crimini tra i quali razzismo, colonialismo, sessismo.
Sono isolati (per ora) quelli che sostengono che Shakespeare, obsoleto, possa essere rimosso dai programmi di studio, ma il punto è che perfino il Globe Theatre londinese — sorge sulle ceneri di quello originale shakespeariano, gioiello architettonico a pochi passi dalla magnifica Tate Modern — organizza ora «seminari antirazzisti» per «decolonizzare» il corpus delle opere del Bardo … leggi tutto