Un quarto d’ora con i No Green Pass (ilpost.it)

di IVAN CAROZZI

Sabato sera avevo un appuntamento per andare 
al cinema, 

poi, affacciandomi su viale Francesco Crispi, di fronte a Porta Garibaldi, ho incrociato, per caso, il corteo milanese dei No Green Pass. Procedevo in direzione opposta e così ho subito incontrato la testa del corteo. Un gruppetto avanzava mostrando un piccolo striscione bianco, dov’era scritto «Solidarietà ai portuali di Trieste, ma non alla CGIL». Mi è andato il sangue alla testa.

Lo striscione rivendicava e invitava a condividere le ragioni di un atto squadrista. Era, devo supporre, un gruppetto di gente di estrema destra, non so se collegato a qualche forza politica, visto che lo striscione non era scritto con i caratteri usati per gli striscioni dell’estrema destra e i tizi a reggere i lembi dello striscione erano ognuno un tipo diverso dall’altro, vestito in modo differente dall’altro, e insieme non avevano le sembianze marziali e omogenee che in piazza hanno gli appartenenti ai gruppi di estrema destra (i fisici scolpiti, le barbe folte e curate, la rasatura dei capelli a doppio taglio, etc).

Il corteo avanzava a maglie larghe, informe, senza quella suddivisione in spezzoni che solitamente di un corteo definisce la fisionomia. Scorreva intorno al centro di Milano, di fronte a Eataly, lasciandosi alle spalle le boutique e i bistrot di corso Como da una parte e corso Garibaldi dall’altra. Ho deciso di unirmi e immergermi in quella configurazione del tempo storico che è un corteo, in quella corrente umana.

Ho scoperto una realtà disuguale e contraddittoria. Il fatto non mi ha sorpreso, ma è stato istruttivo osservare questa varietà, percepirla nella sua fragranza corporea e nella sua amalgama, al crepuscolo, mentre si stendeva lungo uno sgombro viale alberato, di solito percorso da un traffico molto intenso.

Nel raggio di appena venti, trenta metri di distanza dallo striscione ostile alla CGIL, ho visto defluire persone che ho incontrato spesso nella mia vita. Intendo il tipo di persone che mi è capitato di vedere in altri cortei, molti anni fa, con i quali ho condiviso un viaggio in treno o in pullman per raggiungere il luogo di una manifestazione indetta contro il governo o contro un progetto di riforma del mercato del lavoro, o gente che magari ho sfiorato in una festa popolare di quartiere e con la quale ho fatto la fila per prendere una birra in una piazza del Primo Maggio o del 25 Aprile.

Accanto a loro convivevano altre persone, del genere di chi qualche anno fa ha coperto d’insulti Carola Rackete al porto di Lampedusa … leggi tutto

(Chris Slupski)

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