Nel dicembre del 1999, la giornalista canadese Naomi Klein ha pubblicato nel suo paese il volume No Logo: Taking Aim at the Brand Bullies.
Un volume che all’inizio del 2000 è uscito negli Stati Uniti e in Inghilterra e, nell’aprile dell’anno successivo, anche in Italia, pubblicato dall’editore Baldini & Castoldi. In vent’anni, è stato tradotto in più di trenta lingue e ha venduto oltre un milione di copie.
Probabilmente, ciò è accaduto perché No Logo ha posto per la prima volta all’attenzione generale il tema del ruolo sociale svolto dalle marche aziendali. Il che gli ha anche consentito di diventare una specie di “bibbia” per tutti coloro che avevano una posizione critica nei confronti del mondo delle imprese.
Vent’anni fa, il contesto culturale e sociale nel quale le marche aziendali operavano era molto differente da quello odierno. C’erano, infatti, dei movimenti sociali che erano apertamente schierati contro il mondo delle marche e la crescente invasione della società da parte del modello di consumo occidentale.
Tali movimenti portavano dei vistosi attacchi durante importanti eventi internazionali come il vertice del WTO tenutosi a Seattle nel novembre del 1999. Successivamente c’è stata, nel luglio del 2001, la contestazione al raduno del G8 di Genova. E pochi mesi dopo, l’11 settembre 2001, è arrivata anche la drammatica strage delle Twin Towers a New York, che ha reso l’Occidente maggiormente consapevole delle difficoltà che il suo modello economico e sociale stava incontrando … leggi tutto