di Errico Novi
Con le nuove norme,
vietato alle Procure presentare indagati e imputati già come colpevoli. Conferenze stampa consentite solo in casi particolari
È una piccola rivoluzione. E forse neanche tanto piccola. Il decreto legislativo sulla presunzione d’innocenza prova a correggere il vizio fatale della giustizia italiana: la sostituzione del processo mediatico all’accertamento penale. Il Consiglio dei ministri ne ha deliberato ieri l’approvazione definitiva: testo integrato (e trasmesso al Capo dello Stato per la firma) con le correzioni chieste dal Parlamento, ma non in base a quelle suggerite giusto due giorni fa dal Csm.
Rispettata dunque la scadenza prevista dalla delega, fissata all’8 novembre. Dopo l’ok del Colle, sarà legge il «divieto di indicare pubblicamente come colpevole l’indagato o l’imputato» fino a che non arrivi una sentenza definitiva. Vale per tutte le «autorità pubbliche», ma visto che i parlamentari godono dell’insindacabilità sulle opinioni, riguarda essenzialmente i magistrati.Ci sono molti meriti da distribuire.
Certamente alla ministra della Giustizia Marta Cartabia che ieri ha sostenuto l’importanza del provvedimento, e scongiurato qualche “ritocco al ribasso”. E poi al sottosegretario Francesco Paolo Sisto, che ha favorito una non facile mediazione sul parere delle commissioni Giustizia di Camera e Senato, e al deputato di Azione Enrico Costa, che già un anno fa aveva sollecitato il recepimento della direttiva europea, la 343 del 2016, a cui il testo approvato ieri assicura il “compiuto adeguamento”.
L’Italia ha impiegato la bellezza di cinque anni per conformarsi alle misure, dettate sia dal Parlamento di Strasburgo che dal Consiglio Ue. Inerzia che di qui a poco avrebbe potuto innescare una procedura d’infrazione, come la guardasigilli ha più volte ricordato. Va detto che la presunzione d’innocenza è tutelata, oltre che in modo solenne dall’articolo 27 della Costituzione, anche da una sottovalutatissima norma già scolpita nel Codice disciplinare dei magistrati.
I quali possono rispondere per «pubbliche dichiarazioni o interviste che riguardino i soggetti coinvolti negli affari in corso di trattazione, quando sono dirette a ledere indebitamente diritti altrui». Un’incredibilmente disattesa anticipazione (inserita, tanto per essere precisi, nel decreto legislativo 109 del 2006) del nuovo testo … leggi tutto
(niu niu)