Nella logica ribaltata del processo mediatico non basta la gogna nei confronti di imputati e indagati.
Ora il bersaglio è diventato persino chi viene solo sfiorato dalle indagini. Sarebbe come definire «ex vivo» un morto o un «ex sano» un malato
In un articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano si valorizzano le peculiari qualità di alcuni della nuova giunta comunale di Roma scelta dal neo sindaco Roberto Gualtieri. Si inizia in prima pagina con «Giunta Gualtieri: un indagato e tre ex del caso Buzzi» e si prosegue a pagina 6, dove, al grido di «Romanzo Campidoglio» – a proposito di nomi a effetto – si parla di «prima grana giudiziaria per la squadra del neosindaco della Capitale» e si ricorda come, oltre a un indagato (vade retro Satana!), nella squadra del neosindaco vi sarebbero, udite udite, addirittura ben tre «ex inquisiti».
Colpevoli anch’essi (come l’indagato, s’intende) di avere avuto «grane con la giustizia», sono stati «sfiorati dall’inchiesta sul Mondo di mezzo», sebbene – si precisa – siano poi stati «tutti archiviati su richiesta della Procura nel 2016».
Colpisce il lessico (preciso e per nulla casuale). «Grana giudiziaria»: quale? «Sfiorati dall’inchiesta»: e quindi? E poi la ciliegina sulla torta, il colpo di genio che vale da solo l’acquisto del quotidiano: «ex inquisiti» (in grande e in bella mostra).
È vero che la fantasia non ha limiti, ma come può venire in mente di definire «ex inquisito» chi, dopo essere stato indagato, sia stato oggetto di un provvedimento di archiviazione? Certo, è tecnicamente definibile come un «ex inquisito», così come è tecnicamente definibile «ex imputato» chi sia stato assolto con sentenza definitiva; così come era un «ex vivo» un morto o un «ex sano» un malato.
La prospettiva da cui si guarda alla vicenda tradisce una logica ribaltata degna del celebre libro di Joseph Heller: se sei stato indagato, significa che sotto sotto non sei proprio così innocente e, a quel punto, neanche una archiviazione potrà evitarti il marchio di ex inquisito … leggi tutto