di Giuseppe De Tomaso
Chissà che cosa avrebbe scritto oggi il maestro di Racalmuto alla vigilia della riforma che introduce lo stop alla prescrizione dopo la sentenza di primo grado
Sosteneva lo straordinario scrittore siciliano Gesualdo Bufalino (1920-1996) che tutti i libri del suo conterraneo, e talent scout, Leonardo Sciascia (1921-1989), gigante della letteratura italiana, sono un unico grande libro sulla giustizia. Non sbagliava. Segnato dalla lettura de I promessi sposi, che lui giudicava «un testo dove si trova tutto quanto noi conosciamo: mafia, Brigate Rosse, ingiustizia, emigrazione…», Sciascia ha intrecciato romanzo e realtà, saldandoli con un’ossessione, quella sulla giustizia, che spesso lo ha portato a sfidare tutti e tutto, in ossequio al compito primordiale che assegnava alla figura dell’intellettuale: sfatare, sconfessare i luoghi comuni.
Chissà che cosa avrebbe scritto oggi il maestro di Racalmuto alla vigilia della riforma che introduce lo stop alla prescrizione dopo la sentenza di primo grado, lui, che come Alessandro Manzoni (1785-1873) era più che attento ai diritti dell’imputato; lui che era stato colpito in profondità dal lungo calvario giudiziario di Enzo Tortora (1928-1988), che lo aveva portato, fra l’altro, a denunciare la «cultura dell’indiscrezione» tra certi uffici giudiziari e certi giornalisti, e a scagliarsi contro la continua infrazione del segreto istruttorio che, diceva l’autore di Todo Modo, spesso si configura come una specie di diffamazione nei riguardi di un imputato … leggi tutto