di Davide Varì
Pubblicare il conto corrente di Matteo Renzi nel contesto di un’indagine giudiziaria è un colpo basso,
un atto che incide su garanzie non proprio trascurabili.
Comprenderlo gioverebbe anche ai suoi avversari…
Chissà, forse è l’ultimo colpo di coda, l’ultimo squillo di tromba prima che le norme sulla presunzione d’innocenza arrivino in Gazzetta ufficiale. Certo, c’è da dire che è uno squillo assai acuto, che lascerà una scia avvelenata su questo fine legislatura. Parliamo, naturalmente, della decisione della Procura di Firenze di depositare nel fascicolo dell’indagine sulla Fondazione Open l’estratto conto di Matteo Renzi.
Il documento non ha alcuna valenza giudiziaria, ma allora perché metterlo a disposizione del primo giornale (Il Fatto) che, del tutto casualmente, s’intende, si “trova” a passare da quelle parti e tra le centinaia di carte posa gli occhi proprio sulla “lista movimenti” dell’ex premier?
Questo dovrebbe spiegarlo la Procura; e diciamo dovrebbe perché, naturalmente, non è tenuta a dare alcuna spiegazione. Almeno per il momento. Almeno fino a quando le norme sulla presunzione d’innocenza saranno vigenti (e ammesso che ne venga data un’interpretazione ampia).
E nella vana attesa che qualcuno ci spieghi il motivo di questa decisione, possiamo ragionare sugli effetti della pubblicazione di quei conti da parte del Fatto Quotidiano. Anzi sul suo effetto, al singolare, visto che è uno e uno soltanto: svergognare, screditare, diffamare, smascherare, squalificare – in una parola –, sputtanare politicamente Matteo Renzi. Intendiamoci, criticare Renzi per le sue scelte politiche – neanche a noi piacciono molto le sue trasferte arabe – non è lesa maestà.
Ma pubblicare il suo conto corrente nel contesto di un’indagine giudiziaria è un colpo basso, un atto che incide su garanzie non proprio trascurabili … leggi tutto