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Liberalizzazione delle spiagge italiane: finalmente siamo sulla strada giusta (valigiablu.it)

di Simone Martuscelli

Secondo gli ultimi dati sul turismo in Italia 
pubblicati da Istat nel giugno 2020, riferiti 
al 2017, 

il turismo pesa per il 6% circa sul totale del PIL italiano, arrivando fino al 13% se si considera anche l’indotto. Una percentuale superiore alla media europea, che vede il settore turistico rappresentare il 3,9% dell’economia dell’UE (dati 2018). Se, quindi, l’idea che l’Italia possa “vivere di turismo” o che questo rappresenti un traino per l’economia italiana rischia di essere più un luogo comune che un dato di fatto, l’importanza di questo settore per il paese non è comunque trascurabile.

In questo senso, la sentenza del Consiglio di Stato che il 9 novembre ha deciso per l’annullamento di tutte le concessioni balneari e la liberalizzazione del settore a partire dal 2024 può segnare un punto di svolta in una vicenda che da anni penalizza tutto il comparto turistico italiano. (Sentenza che – va sottolineato – è arrivata su due ricorsi, uno del Comune di Lecce e un altro di Comet srl. Un Comune e un’azienda privata impegnati per i diritti collettivi più di tanti organi dello Stato, alcuni dei quali si sono anche opposti al ricorso).

Per capire di cosa si parla, è necessario restituire le dimensioni numeriche del tema. Secondo il Rapporto Spiagge 2021 di Legambiente, che rielabora i dati aggiornati fino a maggio 2021 dal Ministero per le Infrastrutture e i Trasporti, le concessioni del demanio marittimo attive in Italia sono 61.426, di cui 12.166 sono destinate a stabilimenti balneari.

Negli ultimi tre anni il numero di concessioni per stabilimenti è aumentato del 12,5%, mentre è presumibilmente raddoppiato dal 2000. In totale, sui 3.346 km totali di spiagge in Italia, il 42,8% (1.432 km) è occupato da concessioni demaniali.

Il problema, però, è anche – e soprattutto – economico. La relazione tecnica del Decreto Agosto del 2020 mostra come, l’anno precedente, l’incasso per lo Stato proveniente dai canoni per gli stabilimenti balneari ammonti a 115 milioni di euro. Dei quali, tra l’altro, solo 83 già riscossi – che si vanno a sommare ad una situazione che vede 235 milioni di euro di canoni non riscossi dal 2007 ad oggi. Poca roba, in ogni caso, rispetto ad un giro d’affari che la società di consulenza Nomisma stima intorno ai 15 miliardi di euro all’anno.

Lo stesso Decreto Agosto, inoltre, ha portato la soglia minima del canone dovuto allo Stato per ogni concessione a 2.500 euro, rispetto ai 362 euro precedenti. Stando alla relazione tecnica, prima di quest’intervento il 72,6% dei canoni era inferiore rispetto ai 2.500 euro … leggi tutto

(Aaron Burden)

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