Rodari e Ariosto (doppiozero.com)

di Stefano Jossa

“Un foglio di carta si vantava di essere bianco 
immacolato. E non sarebbe stato meglio per lui 
e per tutti se un Dante Alighieri lo avesse 
sporcato d’inchiostro, scrivendoci qualche 
bella terzina, o una bella ragazza scrivendo 
una lettera d’amore? 

La vita, un pochino, sporca, si sa.” 

(Gianni Rodari, Favole minime)

Finalmente Gianni Rodari, uno dei miei scrittori preferiti, verrà riconosciuto in tutta la sua grandezza, grazie alla iperannunciata celebrazione di cui godrà l’anno prossimo, in occasione del centenario della nascita (1920-2020), in una società in cui gli scrittori sembrano esistere più per costruire festeggiamenti episodici che per suscitare dibattito e invitare al confronto. Qualche anno fa era toccato a Ludovico Ariosto, del cui capolavoro, l’Orlando furioso, si è celebrato il cinquecentenario della prima edizione nel 2016.

Sono fortunato, io, in questo quinquennio: Rodari l’ho amato da bambino e riscoperto da insegnante, mentre Ariosto è diventato la mia passione e missione di studioso nel momento in cui ho scelto di dedicarmi alla ricerca accademica. Un incontro tra Rodari e Ariosto, lo confesso, è sempre stato il mio sogno.

Ora la vicinanza delle occasioni celebrative fornisce l’opportunità di metterli a confronto, come si fa spesso con i classici, di cui si vanno a cercare precursori e interlocutori. Perché no, del resto, visto che ad accomunarli c’è una parola chiave che è ancora tanto di moda nella critica e tra i lettori, fantasia, dal momento che Rodari è l’autore della Grammatica della fantasia (1973) e Ariosto il poeta della fantasia per eccellenza nella tradizione letteraria italiana? … leggi tutto

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