Immaginate di trovarvi a un convegno di medicina, nel quale interverranno i migliori medici e ricercatori del pianeta.
Seduti al vostro posto, ascoltate l’intervento del primo relatore, il quale sostiene con convinzione che, dal momento che la medicina non è riuscita a debellare il cancro, ha irrimediabilmente fallito nel suo scopo principale. Di conseguenza, essa è ormai da considerarsi obsoleta, inutile e morta.
In tali circostanze, è prevedibile che il pubblico reagirebbe contestando con foga una tesi del genere, obiettando magari che è proprio perché il cancro non è ancora stato debellato che la medicina e la chimica farmaceutica sono più che mai necessarie, essendo le uniche cose potenzialmente in grado di liberare l’umanità da tale malattia. Sarebbe quindi ridicolo e irragionevole proclamare la morte della medicina in tali circostanze, specialmente se chi lo afferma facesse parte del mondo della medicina stessa.
Lo stesso ragionamento, partendo da un’ipotesi analoga, dovrebbe valere per qualsiasi altra disciplina. Eppure, se la situazione prospettata in apertura si svolgesse a un convegno di filosofia, è molto probabile che le cose andrebbero diversamente. Capita infatti molto spesso che filosofi e intellettuali oggi annuncino, con toni trionfali o rassegnati, la morte della filosofia a causa dell’avvento dell’epoca della “post-verità”.
La filosofia viene quindi ormai ritenuta un corpo morto, un fardello, tuttavia, così come la medicina è necessaria proprio perché il cancro non è ancora stato sconfitto, la filosofia è indispensabile in un contesto come il nostro, caratterizzata da crisi – economica, sociale, ambientale – instabilità ed estremismi politici … leggi tutto