di Ilaria Capua
I vaccini hanno posto l’argine alla malattia grave e alla morte,
hanno fatto di più hanno prevenuto, in molti moltissimi di noi, che il virus lasciasse il segno, un graffio in qualche organo o apparato. E abbiamo adesso anche i farmaci, le medicine che curano
Più o meno son passati due anni. Si parla di circa metà novembre 2019 che Sars-Cov2, ancora privo di nome di battesimo ha iniziato a infettare qualche umano. Poi, seguendo le formule del contagio amplificate dalla mobilità delle persone in una delle zone più popolate del mondo — nel giro di qualche mese ha invaso tutto il pianeta, lasciandoci increduli, sgomenti e soli.
Non voglio qui ripercorrere la scia di morte e sofferenza, di panico e di smarrimento che ci hanno soffocati in questi lunghi mesi nei quali siamo stati intrappolati fra i piccoli passi dell’incertezza. Sì, eravamo a mani nude a combattere contro un essere molto più che invisibile, inconcepibile, inimmaginabile. Un nemico vero. Si sa, se il mostro lo guardi in faccia fa meno paura, e qui c’è poco da guardare in faccia specialmente se non hai un microscopio di quelli potenti.
Io vi vorrei gridare sottovoce, che la scienza che si anima di ricercatrici e ricercatori dedicati e indefessi, che lavorano su un crinale che divide il noto dall’ignoto ci ha dato risposte, vere ed efficaci. I vaccini hanno posto l’argine alla malattia grave e alla morte, hanno fatto di più hanno prevenuto, in molti moltissimi di noi, che il virus lasciasse il segno, un graffio in qualche organo o apparato.
Ma c’è dell’altro, abbiamo adesso anche i farmaci, le medicine che curano: quelle che sono in grado di disinnescare una replicazione virale massiccia — come quella che si osserva all’insorgere della malattia clinica.
Sappiamo che certe cose non dobbiamo farle perché il virus è in circolazione e quindi nei luoghi chiusi o affollati bisogna ancora portare l’odiosa mascherina … leggi tutto