Mai come in questa guerra con la pandemia è apparso evidente a tutti che in televisione il giornalismo è una cosa e la conduzione di un talk show è un’altra,
anche se il conduttore è un giornalista, spesso anche bravo e soprattutto famoso.
Le testate propriamente dette, del servizio pubblico e delle altre emittenti, pur non dimenticando i social e restando presenti sulle notizie, hanno – ovviamente chi peggio e chi meglio – dato, appunto, le notizie, senza una rincorsa sfrenata alla contrapposizione e allo scontro, ma cercando di raccontare i fatti.
Stanno, insomma, facendo informazione. Quella che da alcuni mesi i talk, condotti tutti da giornalisti di fama, non fanno assolutamente più. Tutti i talk, mattina, pomeriggio, sera, tarda notte, si trasformano in risse sui temi sanitari dove – e questo secondo me è uno scandalo – illustri esperti spesso di fama internazionale devono confrontarsi con cosiddetti rappresentanti di organizzazioni inesistenti contrari a vaccini e green pass e portatori di quella che con severa saggezza il presidente Mattarella ha definito l’antiscienza.
Ma l’aggravante è che queste persone sono nella vita tutto tranne che esperti di sanità, creando in questi studi televisivi una sorta di esaltazione dell’improvvisazione e dell’incompetenza, che ha, non soltanto a mio avviso, un effetto trascinante su quella fetta di spettatori incerta sui vaccini, timorosa e titubante.
Cioè la sola fascia di persone sulla quale si può ancora tentare di recuperare qualcosa per evitare che meno del 20 per cento della popolazione faccia ripiombare la stragrande maggioranza del paese negli incubi degli scorsi due inverni.
Si può e si deve constatare che la comunicazione dei due governi che hanno gestito finora la pandemia è stata spesso carente, che i provvedimenti non vengono spiegati bene, ma autoassolverci come categoria è profondamente sbagliato … leggi tutto