di Ludovica Lugli
«La genealogia purtroppo non può dirmi nulla sul carattere della nonna che non ho mai conosciuto,
ma mi ha ricordato che dovrei farmi coraggio e fare qualche domanda su di lei alle poche persone che la conobbero e che ci sono ancora»
Giuseppe e Carlotta, Santo e Regina, Giuseppe e Agnese, Aniceto e Angelica, Bonfiglio e Beatrice, Enrico e Antonia, Pietro e Luigia, Guglielmo e Maddalena, Augusto e Liduina. Erano coppie sposate vissute nella seconda metà dell’Ottocento, di cui non so praticamente nulla, ma senza le quali non sarei qui. Sono 18 dei miei 32 bisarcavoli, i nonni dei miei bisnonni, e ho scoperto i loro nomi e cognomi, e in alcuni casi i loro anni di nascita, nelle ultime settimane, perdendo tempo su internet.
È stato possibile grazie alla Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni, cioè la Chiesa Mormone, e me ne è venuta voglia per via di un romanzo, Libro del sangue di Matteo Trevisani (Atlantide, 2021).
Trevisani è uno scrittore originario di San Benedetto del Tronto; vive a Roma, ha una compagna e un figlio. Con il protagonista del suo romanzo condivide tutte queste caratteristiche biografiche, oltre a nome e cognome e interesse per la genealogia, la disciplina di ricerca delle origini familiari delle persone.
In un articolo pubblicato sulla Lettura qualche tempo fa (si può leggere qui), raccontava di aver scoperto che una storia da sempre raccontata nella sua famiglia, secondo cui tra i Trevisani c’è un morto in mare per ogni generazione, derivava da una serie di fatti reali: oltre a suo zio, annegato nel 1957, anche il suo bisnonno e uno dei suoi figli erano morti in un naufragio, nel 1919.
Di questa disgrazia, perduta nella memoria dei Trevisani viventi, Matteo ha trovato le prove in un archivio di Viareggio. La scoperta è stata poi il punto di partenza per Libro del sangue, il cui protagonista cerca di sfuggire a una maledizione contenuta nel suo albero genealogico, o meglio nel “sangue” che lo lega ai suoi antenati.
Nel romanzo la maledizione è reale, e reali sono le voci dei fantasmi che intervengono tra i capitoli e che il Matteo Trevisani personaggio evoca ogni mattina e sente «toccargli le spalle».
Quest’immagine dei morti attaccati alle spalle mi era già stata descritta un paio di anni fa da un ex monaco buddista che mi aveva fatto da guida durante una visita in un tempio vietnamita. A un certo punto mi chiese quanti fratelli e sorelle avessi, e quando gli risposi «una sorella, più piccola», mi disse: «Ecco perché ti seguono, they follow you».
Pensai che stesse facendo una qualche illazione sul mio carattere, basata sul fatto di avere una sorella minore, ma invece si riferiva ai miei antenati: mi spiegò che mi seguono, mi stanno attaccati alle spalle, perché sono la primogenita, e che lui aveva potuto vederli una volta varcate le porte del tempio.
Sul momento l’idea di avere una catena di spiriti a mo’ di mantello mi fece un certo effetto, pur nella consapevolezza che la guida voleva solo affascinarmi, e ancora adesso mi capita di ripensarci ogni tanto … leggi tutto