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Rispettare l’altro non significa tradurlo alla lettera (rivistatradurre.it)

di Paola Mazzarelli

ANZI, NEL CASO DELL’ARABO È IL CONTRARIO. 
PAROLA DI ELISABETTA BARTULI

Elisabetta Bartuli ha tradotto libri di Mahmud Darwish, Elias Khuri, Jabbour Douaihy e diversi altri scrittori di lingua araba a e di varia nazionalità. Inoltre ha curato libri che espongono l’attualità del mondo arabo. Insomma, in fatto di lingua, letteratura e cultura araba ne sa non poco. Sono andata a trovarla a casa sua, a Vicenza, e l’ho assediata di domande alle quali ha risposto volentieri e con passione.

La prima domanda è di prammatica. Come comincia la tua vita di traduttrice dall’arabo?

Come ho cominciato? Ho cominciato leggendo. Sembra banale, ma la lettura è la base, la vera base di tutto. Ho cominciato a tradurre perché ero una forte lettrice. Leggere era la mia grande compagnia. Mi piaceva tanto perché fondamentalmente mi permetteva di essere nomade, pur restando sedentaria.

Già, quando la lettura è la grande scoperta del mondo.

Parte da lì, la mia vita di traduttrice. Avevo una vecchia zia, la sorella di mia nonna, che mi ha fatto un po’ lei da nonna. Sosteneva che a quattordici anni dicevo già che volevo tradurre. Io non me lo ricordo, ma di lei mi fido, sarà stato così. Ma credo che alla base ci fosse un desiderio di condividere. Intendo dire: ci sono cose che hai voglia di far leggere a qualcun altro. Tradurre è un po’ questo. Io poi un po’ di dimestichezza con le lingue l’ho sempre avuta, perciò ho sempre letto in più lingue. Fermo restando che a me piace, per piacere mio, leggere in italiano … leggi tutto

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