di Graziano Graziani
Quando, nel dicembre del 1989, Eugène Ionesco fu chiamato a pronunciare qualche parola per commemorare il suo collega Samuel Beckett, scomparso tre giorni prima di Natale, da osservatore dei dettagli qual era egli decise di raccontare una piccola storia.
O meglio, un ricordo. Spiegò che ciò che secondo lui raccontava meglio la figura del grande scrittore irlandese era qualcosa che questi era solito fare: si vedeva di pomeriggio in un noto caffè di Parigi e passava il tempo con un amico pittore. Per quasi tutto il tempo non parlavano, bevevano un caffè, stavano in silenzio. Quando a sera facevano per andarsene, lui diceva all’amico: «Siamo stati bene, è stato un bel pomeriggio».
E tutto si concludeva lì. Vera o immaginaria che sia questa storia, Ionesco centrava, servendola condita dalla sua proverbiale ironia, un nodo centrale dell’opera e della vita di Samuel Beckett: l’uso della parola era sempre assolutamente ponderato, mai superfluo … leggi tutto