Nordio: «Ma quale stampa libera, i giornali erano diventati megafoni delle Procure» (ildubbio.news)

di Errico Novi

L’ex procuratore aggiunto di Venezia, da anni 
tra i più autorevoli commentatori sulla giustizia,

smonta gli allarmi sulle nuove norme a tutela della presunzione d’innocenza

«La libertà di stampa? Nel caso concreto dell’informazione giudiziaria, è una favola vuota». Carlo Nordio non concede sconti. L’ex procuratore aggiunto di Venezia che oggi, da editorialista del Messaggero, è tra i più ascoltati commentatori sulla giustizia, non si lascia commuovere dagli allarmi sulle nuove norme a tutela della presunzione d’innocenza.

Controbatte con impietoso realismo alla tesi per cui la recente riforma colpirebbe il diritto di informare: «I giornalisti», obietta, «scrivono quello che gli inquirenti lasciano trapelare dopo aver selezionato le notizie secondo le proprie convenienze. È una divulgazione pilotata, spesso a favore di cronisti amici e a scapito di altri».

Una replica alle preoccupazioni espresse non solo dal mondo dell’informazione, ma soprattutto dalla magistratura, Anm in testa, e da partiti come il Movimento 5 Stelle che considerano una iattura qualsiasi argine allo strapotere delle Procure.

Appena presentato, il decreto sulla presunzione d’innocenza sembrava fin troppo blando, soprattutto per le sanzioni assai remote: ma visti i recenti allarmi, soprattutto della magistratura, comincia a venire il sospetto che si tratti di un provvedimento efficace.

Come le altre recenti riforme della ministra Cartabia, anche questa è un piccolo passo per la risoluzione del problema, ma un balzo gigantesco nella giusta direzione.

È proprio questo cambiamento di rotta che preoccupa la magistratura, che vede ridotto uno dei suoi poteri di cui ha talvolta fatto uso improprio: quello cioè di tenere in pugno un cittadino, attraverso la divulgazione di notizie riservate. In ogni caso un effetto positivo, sia pure limitato, ci sarà.

Parte dei divieti esisteva già dal 2006, come quello che preclude ai singoli pm la divulgazione di notizie, ma nessuno se n’è accorto. Perché stavolta dovrebbe andare diversamente? È la perdita di autorevolezza sofferta in questi anni che potrebbe impedire alla magistratura di aggirare le norme?

È vero che una norma simile esisteva già nell’ordinamento giudiziario, nel senso che i rapporti con l’esterno potevano esser tenuti solo dal capo dell’Ufficio o dal suo Aggiunto. Ma poiché è stata spesso disattesa senza conseguenze, si è ritenuto opportuno rafforzarla.

Questo risultato è possibile oggi per due ragioni complementari: la prima è l’autorevolezza e la credibilità della ministra proponente, che la rende immune da qualsiasi sospetto di cointeressenze ambigue. La seconda è proprio l’indebolimento della credibilità della magistratura. Dopo lo scandalo Palamara, e quello ancora più grave della Procura di Milano, la sua forza contrattuale è grandemente scemata.

E non è nemmeno finita. Il fatto che la Procura di Roma sia stata fino a poche ore fa senza un titolare, e che quella di Firenze abbia un capo sanzionato disciplinarmente, contribuiscono a questo sfacelo. Ora ci mancava il ritorno del nome di Berlusconi per fatti di mafia di trent’anni fa.

Siamo nel grottesco più estremo, ed è doloroso, per chi ha rivestito la toga per oltre 40 anni, vedere che rischiamo di coprirci di ridicolo … leggi tutto

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