Dalla Palestina allo Zimbabwe: la voce di giovani attivisti impegnati contro la crisi climatica (valigiablu.it)

di Alia Alex Čizmić

“La proposta avanzata dalla parte ricca del mondo, 

nel caso in cui la tua casa venisse bruciata da un incendio o distrutta a causa dell’innalzamento del livello del mare, è pagare un esperto per valutare l’entità dei danni, non darti i soldi per ricostruire la tua casa”.

Così Mohammed Adow, attivista keniano per la giustizia climatica efondatore di Power Shift Africa, un think tank che fornisce analisi sulla crisi climatica e offre soluzioni politiche concrete da una prospettiva africana, ha commentato il fallimento dei negoziati sulla finanza climatica alla COP26 tenutasi a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre.

La proposta di Amadou Sebory Toure, capo del blocco negoziale G77+Cina, e dunque “avanzata dall’intero mondo in via di sviluppo, che rappresenta sei persone su sette sulla Terra” è stata rifiutata dai paesi sviluppati. Al suo posto, restano gli impegni presi fuori da COP. I paesi sviluppati hanno promesso 232 milioni di dollari al fondo di adattamento.

L’inviato speciale delle Nazioni Unite, Mark Carney, è riuscito a raccogliere 130 mila miliardi di dollari dalle società di servizi finanziari che dovranno essere usati per l’azzeramento delle emissioni. Al fondo per i paesi meno sviluppati, andranno invece 413 milioni di dollari promessi da 12 paesi.

Preso atto del fatto che la “parte ricca del mondo” non ha intenzione di risarcire i paesi meno sviluppati per i disastri climatici che ha causato e che continua a causare, l’obiettivo di attivisti come Adow è quello di mobilitare l’azione per il clima nel Sud del mondo nonostante le minori risorse a disposizione. In sostanza, provare a fare il meglio che si può, in attesa che i paesi più ricchi si rendano conto che solo un’azione congiunta potrebbe risolvere, o quantomeno attutire, le conseguenze di questa crisi.

Oltre ad Adow, sono molti i giovani che stanno portando avanti campagne di educazione climatica e pratiche sostenibili nei paesi più colpiti. Ciò che li accomuna è la consapevolezza della necessità di costruirsi alternative sostenibili in casa in ogni settore della vita.

Questi giovani offrono un’immagine diversa di regioni geografiche, come il continente africano, sempre in balìa degli eventi e immobili a subire passivamente i peggiori effetti della crisi climatica. Mostrano un volto nuovo, più realistico, dei paesi del Sud del mondo che provano a combattere questa crisi attivamente.

Molti di questi giovani erano presenti allo Youth4Climate, una conferenza svoltasi a Milano tra il 28 e il 30 settembre dedicata a giovani attivisti e attiviste provenienti da tutto il mondo che avevano il compito di redigere un programma da consegnare ai leader politici che si sarebbero poi riuniti alla Pre-Cop26, sempre a Milano, tra il 30 settembre e il 2 ottobre … leggi tutto

(Alexis Antoine)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *