I prezzi dei beni alimentari volano, trainando l'inflazione.
E le banche centrali dei Paesi emergenti hanno le mani legate
A fine dicembre spopolano le classifiche dei migliori libri, film e canzoni dell’anno che si sta per concludere. La Banca mondiale ne ha stilata una un po’ particolare: quella dei motivi per cui anche il 2021 ha inasprito le disuguaglianze tra Paesi poveri e Paesi ricchi. C’è l’accesso ai vaccini, per esempio: appena il 7% della popolazione dei primi ha ricevuto la prima dose, contro il 75% degli Stati industrializzati.
Le economie emergenti devono anche fare i conti con una ripresa più lenta e con un indebitamento più elevato. Poi c’è l’impennata dei prezzi delle commodities, le materie prime. A cominciare dall’energia, fino ad arrivare ai beni alimentari. Un fenomeno che rischia di provocare conseguenze tangibili sulla vita delle persone più vulnerabili.
Quanto stanno aumentando i prezzi dei beni alimentari
A detta dell’Economist, l’effetto del Covid-19 sui prezzi dei beni alimentari è stato «controintuitivo». I giorni di isteria collettiva in cui le famiglie svuotavano gli scaffali dei supermercati (perlomeno quelle che se lo potevano permettere), mentre le frontiere chiudevano dall’oggi al domani, sono stati pressoché ininfluenti. Solo mesi dopo, smaltito lo shock e instaurata una gestione più ordinaria della pandemia, è iniziata la cavalcata.
A novembre 2021 il Food Price Index della FAO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) ha raggiunto una media di 134,4 punti. Non toccava valori simili da un decennio; per la precisione dal mese di giugno del 2011, quando la speculazione sul cibo era ai suoi massimi storici.
Scandagliando i dati si scopre che, sui cinque gruppi che compongono il Food Price Index, quello della carne è l’unico in cui i prezzi calano visibilmente. Viceversa, lo squilibrio tra domanda e offerta provoca un balzo in avanti dei prezzi dei cereali pari al 23,2% in un anno (141,5 punti a novembre).
Sempre rispetto a novembre 2020, i prezzi dello zucchero salgono quasi del 40% e quelli di latte e derivati del 20,2%. In leggera flessione gli oli vegetali, reduci però da una cavalcata che ha portato il relativo indice dai 138,2 punti di gennaio ai 183,6 di novembre.
Così la pandemia ha inciso sui prezzi dei beni alimentari
Tutto in realtà è cominciato ben prima che il nuovo coronavirus iniziasse a circolare nei wet market di Wuhan. Per la precisione nel 2018, quando l’epidemia di influenza suina ha dimezzato la produzione cinese di carne di maiale. Dopo la corsa contro il tempo per importare questa e altre fonti di proteine, insieme al mangime per il bestiame, un altro focolaio sembra altamente probabile.
Poi è arrivato il Covid-19 e, con lui, lo stop immediato ai commerci internazionali. Commerci che nei mesi successivi sono stati ripristinati a singhiozzo, con gravi intoppi logistici che hanno messo in crisi le supply chain. Tutto questo mentre il prezzo del petrolio si risollevava dal baratro in cui era caduto a marzo 2020, con un effetto inflattivo che si ripercuoteva a catena su pressoché qualsiasi cosa, dai fertilizzanti ai trasporti.
Il principale motivo di incertezza, conclude l’Economist, resta comunque il meteo imprevedibile per via dei cambiamenti climatici … leggi tutto
In eastern #DRC, a well-balanced diet is increasingly unaffordable for many people due to conflict, high food prices, and the impacts of #COVID19.
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— People in Need (@people_in_need) December 26, 2021