Espresso e Fatto provano a impallinare Berlusconi: rispunta l’intervista a Borsellino di Canal Plus e il tentativo di estorsione al Cav (ilriformista.it)

di Tiziana Maiolo

«Come magistrato ho una certa ritrosia a parlare 
di cose che non conosco»,

disse nell’intervista tv Paolo Borsellino, quando gli chiesero di Silvio Berlusconi. Lo si può riascoltare su youtube. Eppure… Eppure, la situazione è questa: Silvio Berlusconi ha organizzato le stragi del 1993 e ha tentato di far uccidere il suo amico Maurizio Costanzo, prima ancora però aveva anche fatto assassinare Paolo Borsellino.

Proprio per quell’intervista al giudice palermitano che lo avrebbe spaventato perché sarebbe stata “pericolosa” per il leader di Forza Italia. Cui viene attribuito un bel curriculum criminale, indubbiamente.

Il grottesco è che esiste una partita di giro giornalistica tra il comico e il delinquenziale che non solo è convinta di questa favola, ma perde anche tempo a scriverne, e soprattutto a sollecitare i magistrati ad aprire inchieste. Come se non fossero bastati gli innumerevoli tentativi abortiti in terra di Sicilia. Come se non fosse ancora all’ordine del giorno la follia dell’inchiesta aperta a Firenze da un procuratore definito “Il Porco” da una collega che lo accusa di molestie, insieme a uno già svezzato dall’“antimafia” in Trinacria e un terzo innamorato delle gesta di Matteo Renzi.

La partita di giro giornalistico-giudiziaria procede, naturalmente, in simbiosi con quella più politica, il battaglione dei virtuosi che spiegano ogni giorno a Berlusconi di lasciar perdere con la candidatura al Quirinale, chi evocando il conflitto d’interessi, chi qualificandolo come “divisivo”. Come se la gran parte dei predecessori non provenisse da qualche partito e non fosse di conseguenza “divisivo”. Ma c’è divisivo e divisivo, dipende solo dal colore politico.

La storia giudiziaria serve a rafforzare quella politica e a riempire molte pagine. Accantonata la questione della frode fiscale, perché per l’unica condanna Berlusconi è stato riabilitato e qualche sorpresa potrebbe arrivare dalla commissione europea e lasciare i suoi persecutori a bocca asciutta. Fallita l’operazione di Travaglio “No al garante della prostituzione” (forse perché molti uomini italiani vanno a prostitute e non amano che li si faccia sentire in colpa per questo), non restava che la mafia.

Dare del mafioso a un politico è sempre un bel colpo. Quindi si spara con queste cartucce. C’è la carta Giuseppe Graviano – parliamo di un mafioso condannato all’ergastolo per le principali stragi di Cosa Nostra -, che almeno una volta la settimana porta a spasso qualche pubblico ministero. Prima parlando del proprio nonno che sarebbe stato truffato dopo un investimento in società con l’imprenditore di Arcore.

Poi dilettandosi di toponomastica sul sud milanese, dove si sarebbe recato in anni passati in motel piuttosto che in un appartamentino per appuntamenti di cui non si capisce la finalità.

Fantasie che però hanno tenuti impegnati i magistrati e gli uomini della Dia in diversi viaggetti, e i giornalisti del Fatto con le loro affannose cronache a riempire pagine su pagine. Che Giuseppe Graviano si stia accreditando per avere qualche alleggerimento al proprio 41 bis è lampante. Non può fare il “pentito” perché sulle stragi ormai c’è un affollamento di collaboratori di giustizia da non lasciare spazio a nuove rivelazioni. Così ha cercato la gallina dalle uova d’oro, ormai introvabile a Palermo, ma ancora vivente a Firenze.

Ma anche il filone Graviano è ormai asciutto. Un po’ perché lui vuol fare lo scambio con qualche vantaggio personale e la cosa non sta andando in porto, ma soprattutto perché in realtà su Berlusconi non ha proprio niente da dire. Ecco dunque che spunta fuori – ancora e ancora – la storia di un’intervista al giudice Paolo Borsellino, fatta poco prima della sua uccisione, da due giornalisti dell’emittente francese Canal PlusFabrizio Calvi e Jean Pierre Moscardo.

La chiacchierata aveva come tema generale la mafia e andava inserita in un documentario. I due però, lo si capisce bene riguardando il filmato, insistevano molto con le domande su Vittorio Mangano, lo stalliere che per un periodo fu impiegato ad Arcore, la sicilianità di Marcello Dell’Utri (la sua vera colpa) e i rapporti con Silvio Berlusconi leggi tutto

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *