Dibattiti con implicazioni etiche laceranti,
dalla Francia al Belgio, dalla Svizzera alla Germania: ovunque la stragrande maggioranza dei posti di terapia intensiva è occupata da non vaccinati
Triage in francese significa scegliere, selezionare. Il termine è entrato nella prassi ospedaliera in situazioni di emergenza. Si cura prima chi ha più possibilità di sopravvivere. Al tempo della pandemia senza vaccini, molti medici – è risaputo – hanno dovuto scegliere, un po’ come in guerra, quando il triage è regola non scritta.
In molti ambienti sanitari, il dilemma si ripresenta al tempo della vaccinazione di massa, con implicazioni etiche laceranti, amplificate da dibattiti nei media europei, dalla Francia al Belgio, dalla Svizzera alla Germania.
Il fatto che ovunque la stragrande maggioranza dei posti di terapia intensiva sia occupata da non vaccinati stravolge i termini del problema, poiché i non vaccinati, spesso ricoverati in condizioni gravissime, impongono di fatto un trattamento prioritario rispetto a tanti altri pazienti che pure sono bisognosi di cure urgenti o che sono costretti a rinviare interventi per mancanza di posti e personale nei reparti sovraccarichi. Si arriva in alcuni casi al paradosso che un no vax grave abbia la priorità su un vaccinato immunodepresso.
È evidente che il medico – in base al principio di Ippocrate – non può scegliere, né tantomeno fare triage al contrario (prima i vaccinati, poi i no vax), poiché atteggiamento e responsabilità sono imposti dall’andamento dei ricoveri e dalle condizioni del malato, a prescindere che sia vaccinato o no.
Situazione oggettiva che dovrebbe invece chiamare in causa la galassia dei no vax, sia come cittadini che rifiutano il vaccino, sia soprattutto quando diventano pazienti bisognosi di cure … leggi tutto