Esiste davvero una riconoscibile «cultura» no vax, basata su credenze e valori condivisi?
Così non sembra. Le motivazioni di chi non vuole vaccinarsi sono infatti disparate, a volte fra loro incompatibili
Uno scontro culturale: così il New York Times ha definito l’ondata di proteste contro vaccini e restrizioni che ha investito negli ultimi mesi tutti i Paesi europei. Ma esiste davvero una riconoscibile «cultura» no vax, basata su credenze e valori condivisi? Così non sembra. Le motivazioni di chi non vuole vaccinarsi sono infatti disparate, a volte fra loro incompatibili.
Per alcuni si tratta di semplice paura, diffidenza, mancanza di informazione. Altri si lasciano sedurre da teorie cospirative, sono convinti che dietro ai vaccini vi sia un complotto mondiale delle grandi case farmaceutiche. Vi è poi l’insofferenza (spesso la rabbia) nei confronti di obblighi e divieti; oppure lo scetticismo verso la scienza, il potere degli esperti.
Nei Paesi germanici, gioca un ruolo il radicamento della medicina alternativa, in quelli dell’Est la persistente sfiducia nelle istituzioni e nell’élite di governo. Insomma, il mondo no vax è internamente molto differenziato dal punto di vista culturale. E lo è anche sul piano dell’estrazione sociale e delle preferenze politiche. Vi sono alcune frange estremiste e molti no vax guardano a destra, ma per ora nessun partito può vantare il monopolio della rappresentanza.
In assenza di qualche collante ideologico, la condivisione di un singolo interesse o obiettivo (no ai vaccini, appunto) in genere non basta per dar vita a movimenti capaci di durare nel tempo.
Nell’ultimo decennio, tuttavia, i partiti e i leader populisti si sono specializzati nel promuovere aggregazioni, per così dire, mono-mirate: contro la «casta», l’euro, gli immigrati, l’islam e così via. La strategia distintiva del populismo è proprio questa: neutralizzare le differenze interne al proprio «popolo», identificare un nemico comune, enfatizzandone il potenziale di minaccia e creare in questo modo un fronte interno tra buoni e cattivi.
È ciò che stanno facendo il Partito delle Libertà in Austria, Alternative für Deutschland in Germania, la Sinistra Libera e il Mass Voll in Svizzera.
Per consolidare le proprie posizioni, i movimenti populisti devono mantener viva la contrapposizione nei confronti del supposto nemico. Pensiamo al tormentone di Salvini sull’immigrazione, durante il primo governo Conte. Una seconda strategia è quella di aggiungere o cambiare nemico.
Ai tempi di Bossi, la Lega protestava contro «Roma ladrona», poi ha puntato contro l’euro, flirtando con l’ipotesi di una Italexit. In Francia, quindici anni fa Marine Le Pen individuò il nemico nel famoso «idraulico polacco», per passare successivamente all’islam e alla tecnocrazia di Bruxelles … leggi tutto