«Dopo quello che era successo, appena 56 giorni prima, sull’asfalto dell’autostrada all’altezza di Capaci, la strage di via D’Amelio doveva essere evitata».
Tradotto: lo Stato avrebbe dovuto assumere misure di protezione all’avanguardia per salvare la vita del giudice Paolo Borsellino e degli agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Il giudice Alfonso Sabella, ex sostituto procuratore a Palermo nel 1993, specializzato nella cattura dei latitanti – insieme alle forze dell’ordine ha acchiappato Leoluca Bagarella, Giovanni ed Enzo Brusca, Pietro Aglieri, Nino Mangano, Vito Vitale, Mico Farinella, Cosimo Lo Nigro, Carlo Greco e decine di altri fra capimandamento, killer stragisti e potenti uomini d’onore – è stato tra i primi magistrati in Italia a utilizzare dispositivi in grado d’inibire le radiofrequenze specialmente per i telefoni cellulari.
«Ma che stranamente – aggiunge – pur esistendo da tempo, non furono installati nell’auto di Paolo Borsellino» … leggi tutto