I 10 paradossi verdi che pesano su Ue e Italia (ilsussidiario.net)

di Enrico Quintavalle

TRANSIZIONE GREEN

Stanno emergendo sempre più le contraddizioni del processo di transizione energetica perseguito dall’Ue, con conseguenze economiche negative

L’ipotesi di includere nucleare e gas nella tassonomia green, l’elenco delle attività classificate dall’Unione europea come sostenibili dal punto di vista ambientale, delinea solo l’ultimo paradosso che si aggiunge ad altri aspetti contraddittori che la transizione energetica sta mettendo in evidenza. 

1. Obiettivi green a somma zero  Il Green Deal europeo, varato a dicembre 2019, prevede interventi per ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 e arrivare nel 2050 a emissioni zero. Ma l’annuncio di una riduzione della domanda europea di idrocarburi, associato a un basso controllo dell’offerta, determina, da parte dei Paesi fornitori di gas e petrolio, minori investimenti, minore produzione e, conseguentemente, prezzi più elevati.

Nel condurre le politiche di riduzione, l’Ue continua a mantenere un’alta dipendenza energetica dall’estero, con importazioni nette pari al 57,5% dei suoi consumi, quota che sale all’83,6% per il gas naturale e al 97% per il petrolio greggio.

2. Politiche europee poco efficaci per target globali – L’Ue si sforza di varare rigorosi interventi di riduzione dell’impatto ambientale che però, poiché scarsamente coordinati a livello mondiale (pesano i deboli accordi raggiunti dalla Cop26 di Glasgow), finiscono col pesare poco: l’Unione europea, infatti, emette solo il 7,9% delle emissioni di gas serra, circa un quarto del 30,7% della Cina e poco meno della metà del 13,8% degli Stati Uniti.

3. Ripresa e competitività a rischio con il boom dei prezzi decisi fuori dall’Ue – Dall’annuncio della politica verde dell’Unione, il prezzo del gas naturale in Europa è salito del 709% mentre l’aumento del gas negli Stati Uniti si è fermato al 64%. Nei primi 10 mesi del 2021, la bolletta energetica dell’Ue è salita di 53,9 miliardi di euro rispetto a un anno prima, depotenziando la ripresa in atto.

L’Italia segna il più marcato peggioramento tra i 27 Paesi Ue, con 11,6 miliardi di euro di maggiori importazioni nette, sopravanzando i 10,1 miliardi della Francia, i 7,5 miliardi della Germania e i 6,8 miliardi della Spagna. Lo shock energetico in corso aggrava il gap di competitività delle imprese italiane, che pagano il secondo prezzo più alto nell’Unione per l’energia elettrica e un prezzo del gasolio auto superiore del 6% alla media europea.

4. Transizione verso l’auto elettrica, tra maggiori costi e crollo della produzione – La produzione di energia da fonti rinnovabili e di auto elettriche stanno generando tensioni sulla domanda e sui prezzi di “minerali critici” quali rame, litio, nickel, manganese, cobalto, zinco e terre rare. In parallelo, salgono i costi degli input produttivi mentre crolla la produzione di autoveicoli.

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