di Alberta Aureli
È il 1993 quando Nanni Moretti ondeggia in una calda estate romana sulla famosa Vespa Piaggio e in una scena di Caro Diario arriva fino a Spinaceto.
Mentre ci arriva riflette, e pensa all’immaginario negativo che si è costruito attorno al quartiere, poi si ferma, e dice al ragazzo seduto su un muretto: “Be’, Spinaceto, pensavo peggio, non è per niente male!”. Fabio Luppino lo chiarisce a pag.11 del suo libro memoir Con gli occhi di un terzino sinistro (Emersioni editore), che a Spinaceto, l’ironia del film di Moretti, non è mai piaciuta e che Spinaceto lo capisce solo chi ci vive.
Quest’anno Spinaceto compie cinquan’anni. Costruito sui modelli utopistici dell’architettura popolare degli anni sessanta e settanta, non ha mai raggiunto la fama negativa di altri esempi noti come Corviale a Roma o lo Zen a Palermo. Anche se, come tutti i quartieri nati per essere autosufficienti nei servizi e autonomi dal centro della città, ha finito per rivelare immediatamente un deficit di identità rimasto incolmabile anche nei decenni a venire … leggi tutto