Sembra che l’unica cosa che conta sia eliminare il rischio della sconfitta.
Il sogno di tutti si concretizza nell’auspicio di «nessun vincitore, nessun perdente»
L’ironica battuta di Mario Draghi sul fatto che a fine legislatura un nuovo lavoro se lo cercherà per conto proprio, ha messo a nudo un gigantesco problema della politica italiana. Siamo forse l’unico Paese del pianeta in cui, da oltre dieci anni, i governi vengono creati dal capo dello Stato e ricevono la fiducia da coalizioni parlamentari create lì per lì. L’approvazione per via elettorale di tali coalizioni è del tutto marginale, talvolta nulla.
Il consenso di deputati e senatori a questo genere di governi è, d’altra parte, motivato dalla volontà di non misurarsi anzi tempo con le urne per non mettere a rischio il seggio. Il tutto viene giustificato con le varie emergenze che si susseguono (economica, sanitaria, domani sarà l’Ucraina). Gli elettori possono attendere. E può darsi che lo sconcerto generato da quest’attitudine abbia qualcosa a che fare con le ondate astensioniste in costante crescita ad ogni convocazione dei comizi.
Draghi pareva essere, per l’astuta politica italiana, il nome giusto per metterci al riparo e avviarci a un secondo decennio del tutto simile a quello che ci siamo lasciati alle spalle. Nell’imminenza di improcrastinabili elezioni politiche, avrebbe tolto a tutti i partiti l’imbarazzo di dover indicare un proprio esponente adatto a capeggiare un futuro governo.
E li avrebbe altresì esentati dalla difficoltà di dover offrire ai propri elettori una coalizione per cui votare. Imbarazzo e difficoltà di tutti. Da destra a sinistra.
La destra, pur premiata dai sondaggi, appare ormai incapace di cimentarsi con una sfida elettorale. Silvio Berlusconi, dopo aver costruito quasi trent’anni fa lo schieramento autodefinitosi «moderato», fa intendere in ogni modo di non voler eredi. Ogni tanto finge di averne individuato qualcuno, ma si tratta di personaggi alquanto improbabili.
La clausola da lui stesso inventata secondo cui la formazione che ha più voti avrà diritto a scegliere il leader ad ogni evidenza non funziona. Il fatto poi che i partiti della coalizione di destra si trovino parte in maggioranza, parte all’opposizione, non giova alla ricerca di un assetto stabile. Giorgia Meloni e Matteo Salvini non nascondono più di esser giunti ai limiti della reciproca sopportazione. Avrebbero bisogno di trovare un candidato premier fuori dai loro recinti per poi farlo accettare da Berlusconi. Impresa ardua.
Di realizzazione quasi impossibile per formazioni che da tempo non riescono più a trovare accordi plausibili neppure a livello locale. Meglio (per loro) lasciare la questione nel vago e andare avanti alla giornata … leggi tutto