di Leonardo Becchetti e Claudio Becchetti
Siamo presi tra due fuochi o, usando un'immagine degli antichi, navighiamo tra Scilla e Cariddi,
rischiando di naufragare su uno dei due scogli dell’emergenza climatica e di quella sociale. L’esplosione del prezzo del gas sta risvegliando l’inflazione e ha costretto il governo a correre ai ripari mettendo sul piatto 5/7 miliardi di euro per ridurre le bollette energetiche di cittadini e imprese.
E’ la soluzione obbligata nel breve periodo perché i ceti più deboli stremati dalla pandemia fanno fatica a sopportare oneri così significativi e le imprese (alle quali, non dimentichiamolo, è legato il lavoro di moltissime famiglie), soprattutto quelle energivore, rischiano di non avere più un business sostenibile con questi costi aggiuntivi.
Siamo impegnati a risolvere il problema di breve termine e non possiamo fare a meno oggi delle fonti fossili (o ridurne significativamente l’utilizzo) per la mobilità urbana, l’energia delle nostre case e soprattutto per le imprese. Abbiamo ancora bisogno di tanto gas nel prossimo futuro per assicurare la continuità dell’erogazione dell’energia in momenti di picco in cui le rinnovabili non producono abbastanza e i sistemi di accumulo non sono sufficientemente sviluppati.
Nel 2020 la metà dell’energia nazionale è stata prodotta bruciando gas (fonte Terna), il 12% è composto da carbone. Circa il 33% lo ricaviamo attraverso fonti rinnovabili, ovvero fonti di energia per le quali non paghiamo il “combustibile” (sole, vento, idroelettrico).
L’orientamento del Governo è ovviamente quello di ridurre nel medio termine la nostra dipendenza dal costoso e imprevedibile gas russo e di diminuire nel breve la bolletta per evitare più seri problemi a livello sociale e industriale … leggi tutto