Gli insostenibili privilegi delle pensioni dei giornalisti (lavoce.info)

di  E 

La cassa privata dei giornalisti ha garantito 
per anni pensioni più alte a parità di carriera 
e retribuzione rispetto agli altri lavoratori. 

Una nota Inps conferma l’esistenza e la non sostenibilità di questi trattamenti privilegiati.

Carriere contributive più brevi e pensioni, a parità di retribuzioni, più alte. Questo, in sintesi, il giudizio dell’Inps sulle pensioni in essere dei giornalisti, affidato a una nota che analizza i dati del casellario pensioni e ricostruisce le regole previdenziali adottate dall’Inpgi, la cassa dei giornalisti in gran parte assorbita dall’Inps poche settimane fa.

Il trattamento privilegiato concesso ai giornalisti è frutto di rendimenti più alti garantiti ai versamenti dei propri iscritti rispetto a quanto avveniva per gli altri lavoratori dipendenti (fino al 2015 si offriva un rendimento del 2,66% a fronte del 2% degli iscritti al Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti) nell’ambito del regime retributivo. Inoltre, i trattamenti Inpgi si sono allineati al meno generoso metodo contributivo solo nel 2017, vent’anni dopo quanto avvenuto per gli altri lavoratori.

Secondo l’Inps, le pensioni dei giornalisti sono almeno del 20 per cento più alte di quelle che sarebbero state se a loro fossero state applicate le regole previste per i dipendenti pubblici; in altre parole, i giornalisti avrebbero dovuto lavorare 6 anni in più per accedere, a parità di contributi versati, a quei trattamenti.

Questi 6 anni di pensione regalati ai giornalisti spiegano non poco del disavanzo crescente accumulato dall’Inpgi nel corso del tempo, disavanzo che lo ha portato a dover chiedere l’aiuto dello Stato con il passaggio della sua “bad company” (Inpgi1) all’Inps. In più occasioni, i vertici dell’Inpgi, e numerosi giornalisti, hanno negato l’esistenza di questi privilegi e sostenuto che la gestione Inpgi era ampiamente intervenuta per risanare i conti. La nota dell’Inps li smentisce.

Dato che quella dei giornalisti non sarà l’ultima cassa dissestata a confluire nell’Inps, era importante stabilire un precedente corretto, evitando che debiti accumulati per garantire privilegi ai propri iscritti venissero scaricati sulle spalle dei giovani, tra cui gli stessi giovani giornalisti.

Per esempio, per legge, solo i trattamenti Inpgi di ammontare pari alle pensioni sociali minime erano garantiti dallo Stato. La confluenza dell’Inpgi nell’Inps senza alcun contributo di solidarietà comporta invece di fatto una garanzia pubblica su pensioni 20 e più volte superiori alle pensioni sociali.

Non ci sarebbe stato dunque nulla di scandaloso nel chiedere un contributo di solidarietà a quel 5% di pensionati Inpgi con trattamenti superiori ai 9500 euro al mese, secondo i dati del casellario pensionati dell’Inps … leggi tutto

(Andrew Neel)

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