Calenda voleva costruire un partito. Ce l’ha fatta e sembra la cosa più solida, là in mezzo (linkiesta.it)

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Motore, Ciak, Azione!

Al congresso di sabato e domenica ci sono stati tanti delegati, ospiti, discorsi (e c’è già un’intesa con +Europa). Le ambizioni ci sono e lo spazio politico anche. Ma, in attesa dell’assemblea di Iv del 26, il problema principale, nel dialogo con il Pd, rimane lo stesso: come relazionarsi con un M5S ormai al tramonto ma ancora centrale, quasi suo malgrado

Comunque la si pensi nel merito, Carlo Calenda voleva costruire un partito e ce l’ha fatta: non è proprio una cosa di tutti i giorni. Lasciamo stare i sondaggi. Il fatto è che Azione sabato e domenica a Roma ha tenuto un congresso con tanti delegati, ospiti, discorsi e insomma ha dimostrato di essere un soggetto politico. C’è già l’intesa con +Europa, ed è il solo fatto unitario che si registri nella politica italiana.

Applaudita, Emma Bonino dal palco: «Carlo, non hai esperienze di partiti, posso farti gli auguri. Io ce l’ho da 40 anni e più i partiti sono piccoli e più sono litigiosi, non il contrario. Ognuno ha le sue ambizioni, ammantate da grandi questioni ideali. Ma io sono pronta».

Di tanti segmenti e segmentini dalla grossa area fuori sia dall’asse Pd-M5s sia dalla destra, il nuovo partito di Calenda appare la cosa più solida, in attesa di capire il futuro di Italia viva (che terrà l’assemblea nazionale il 26 con un Matteo Renzi al contrattacco dopo il colpo mortale all’inchiesta Open inferto dalla Cassazione). Per il resto, al centro c’è il solito spettacolo di tira e molla, aperture e litigi, chiacchiere e distintivo, i distinguo di Giovanni Toti e Luigi Brugnaro. Finché qualcuno si stancherà e farà qualcosa di più concreto.

Si segnalano le mosse di Gianfranco Librandi, facoltoso imprenditore renziano, che vorrebbe fare qualcosa in grado di superare le litigiosità riformiste – pare ci sia anche un nome: “Italia c’è” – che è poi più o meno quanto propugna Calenda, che immagina la sua Azione appunto come un contenitore riformista e antipopulista aperto a gente come Carlo Cottarelli e Marco Bentivogli (molto applauditi al congresso), un partito aperto e contendibile, come ha voluto rimarcare l’ex ministro. Le ambizioni ci sono, pure alte (20 per cento), c’è un gruppo dirigente, c’è la vis per molti troppo accesa di Calenda, e c’è pure lo spazio politico. Si vedrà.

Ma la questione che tiene banco è ancora quella della compatibilità del M5s con il riformismo. Per Calenda è un ossimoro. Il ragionamento è difficilmente confutabile: come può il partito dell’antipolitica allearsi con il riformismo liberale e progressista che, almeno secondo i suoi seguaci, è il massimo della politicità intesa come ricerca delle soluzioni in vista del miglioramento della vita delle persone e della società?

Ecco perché il leader di Azione pone a Enrico Letta la questione della rottura con Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, e non è neppure una pregiudiziale classica quanto una constatazione logica: l’incompatibilità è nelle cose … leggi tutto

(Jon Tyson)

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