Letta chiede al Pd «occhi di tigre», ma sulla legge elettorale fa gli occhi da triglia alla Meloni (linkiesta.it)

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In direzione ostinata e sbagliata

Il sì al proporzionale è stato votato all’unanimità dalla direzione del 13 dicembre 2019. È dunque un caso più unico che raro in cui il solo (o quasi) a sabotare la linea del partito è il segretario stesso

Se chiedete a un dirigente del Pd quale sia la linea ufficiale del partito sulla questione della legge elettorale riceverete, in novantotto casi su cento, una risposta chiara, univoca e documentata: sistema proporzionale. È forse l’unico argomento della politica mondiale su cui questo avvenga, ma è giusto darne atto.

Si tratta infatti di una posizione sancita formalmente dalla direzione del 13 dicembre 2019. La proposta, avanzata dall’allora segretario del partito, Nicola Zingaretti, fu approvata peraltro all’unanimità (googlare per credere).

L’aspetto curioso della questione è che una delle due volte su cento in cui non riceverete la suddetta risposta è nel caso in cui rivolgiate la domanda al segretario attuale, Enrico Letta, il quale anzi ha ripetuto in più occasioni di essere a favore del sistema maggioritario, pur non avendo mai formalmente rimesso in discussione la questione negli organismi dirigenti (dove, ogni volta in cui se ne è discusso, è emerso chiaramente come la posizione prevalente, al 98 percento o giù di lì, sempre la stessa è rimasta). Un caso dunque più unico che raro in cui è il leader a muoversi contro la linea del partito.

La contraddizione è emersa in modo ancora più evidente dalla relazione che Letta ha tenuto nella direzione di ieri. Non che il segretario abbia esplicitato in quella sede la sua posizione – se ne è ben guardato, conoscendo l’orientamento della platea: non per niente finora lo ha fatto soltanto nei salotti televisivi o alle iniziative di altri partiti, tipo la festa di Fratelli d’Italia – ma in tutto quello che ha detto, per chi voleva intendere, il messaggio era chiarissimo.

A renderlo esplicito, in ogni caso, ha pensato il deputato Stefano Ceccanti (avevo parlato di due casi su cento: lui sarebbe stato il secondo), sottolineando su Twitter l’importante «richiamo del segretario Letta a Roberto Ruffilli: al di là delle formule tecniche il cittadino deve essere arbitro sia sulla scelta dei parlamentari sia sulla scelta del Governo con proposte in alternativa e non con grandi coalizioni permanenti che sono utili in emergenza, ma che sono fatte per essere superate dalla fisiologia dell’alternanza, da un sano conflitto una volta messi in sicurezza i fondamentali come si sta facendo col Governo Draghi» (nota bene: con «grandi coalizioni» s’intende qui non le accozzaglie di centrosinistra e centrodestra, che a Ceccanti vanno benissimo e che anzi vuole a tutti i costi preservare, ma le maggioranze di unità nazionale cui siamo periodicamente costretti proprio dai sistematici fallimenti delle suddette accozzaglie).

Insomma, chiusa la parentesi Draghi, si torna al bipolarismo di coalizione, che già tanto bene ha fatto, come si è visto, alla politica e all’Italia degli ultimi trent’anni.

Questo è il vero significato, evidentemente, anche dal passaggio in cui Letta, tra un’improbabile citazione di Rocky e un’implausibile posa da Al Pacino, ha detto testualmente: «Noi abbiamo l’ambizione di vincere, non l’istinto di sopravvivere (…), e io lo dico con grande franchezza perché mi sento un po’ l’allenatore di questa squadra (…), io non so come andremo a votare, non so con quale legge elettorale andremo a votare, non so se come segretario avrò un qualche ruolo nello scegliere la squadra che sarà in campo (???), ma se avrò un qualche ruolo, io guarderò ogni giocatore negli occhi, e se vedrò in quegli occhi gli occhi di tigre di chi vuole vincere, allora contribuirò a metterlo in campo; se viceversa vedrò gli occhi di chi vuole pareggiare, allora dirò che forse è meglio fare un giro in panchina e pensare alla prossima volta» … leggi tutto

(Diver Zhang)

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