È il 13 febbraio del 2022 e lo Zénith di Parigi straripa di persone – più di settemila – che gridano all’unisono: “Vinceremo! Vinceremo!”
Sono lì per sostenere la candidatura alla presidenza della repubblica di Valérie Pécresse, che lo scorso dicembre ha vinto a sorpresa le primarie dei Républicains, diventando così la prima donna candidata dalla destra neogollista francese.
Pécresse ha seguito un percorso politico che più classico di così non si può: di famiglia alto borghese, ha studiato all’Ecole des hautes études commerciales de Paris (Hec) e poi all’Ecole nationale d’administration (Ena). È stata consigliera di Jacques Chirac, deputata, ministra dell’istruzione e poi del bilancio durante la presidenza di Nicolas Sarkozy, e dal 2015 è presidente della regione Île-de-France.
Nonostante le premesse iniziali, con alcuni sondaggi che ventilano una possibile vittoria contro il presidente uscente Emmanuel Macron in caso di ballottaggio, la sua campagna si trova in un momento di stallo e oggettiva difficoltà.
L’evento allo Zénith serve dunque a dare una scossa; o meglio: a imprimere una virata a destra – parecchio a destra.
Nel suo discorso, infatti, Pécresse strizza ripetutamente l’occhio alle frange più estreme. Tra le varie cose si scaglia contro l’hijab, ribadendo che “Marianne non portava il velo”; distingue tra “francesi di cuore” e “francesi di carta” (quelli naturalizzati, quindi non del tutto francesi); e soprattutto tira in ballo la “sostituzione etnica” – una teoria del complotto secondo cui l’immigrazione porterebbe alla “cancellazione” della popolazione francese bianca e cristiana.
Entro dieci anni, dice la candidata,
Saremo ancora la settima potenza mondiale? Saremo una nazione unita, o una nazione divisa? Di fronte a queste questioni vitali, non possiamo rassegnarci né al ‘grande declassamento’ né alla ‘grande sostituzione’.
Nei giorni successivi, di fronte al montare delle polemiche – provenienti anche all’interno del suo partito – Pécresse prova a giustificarsi. In un’intervista su RTL, ad esempio, spiega che la sua frase è stata fraintesa: lei intendeva denunciare e criticare quelle teorie, non rivendicarle.
Nell’evocare la “grande sostituzione”, notano però in molti, il suo obiettivo è fin troppo chiaro: rosicchiare l’elettorato di Marine Le Pen e, soprattutto, di Éric Zemmour.
È quest’ultimo la vera novità di questa campagna presidenziale francese, il fulcro intorno al quale ruota gran parte del dibattito. Il leader del partito Reconquête (“Riconquista”, da lui fondato per l’occasione) ha alle spalle una lunga carriera di giornalista e polemista: è diventato famoso con il best-seller Le suicide français (uscito nel 2014), e poi con il talk show Face à l’Info sul canale televisivo CNews – una specie di Fox News francese … leggi tutto
J'ai toujours répété que je ne me résignais "ni au grand remplacement ni au grand déclassement" ce qui signifie que je ne me résigne pas à ces théories d'extrême-droite : c'est ce que j'ai toujours dit et tout le monde me fait dire le contraire. #Pécresse2022 #NouvelleFrance pic.twitter.com/EBfJ4plQup
— Valérie Pécresse (@vpecresse) February 14, 2022