Per non dimenticare
La maggioranza degli eletti di questa legislatura ha chiesto e ottenuto voti per uscire dall’Euro, per demolire l’Europa e per attuare i piani geopolitici del Cremlino. I rapporti di Cinquestelle e Lega con Mosca, e con Trump, più la sfilata militare russa sulle autostrade italiane, le balle su Sputnik e Di Maio che firma le sanzioni sull’uomo che ha nominato Cavaliere
Piccolo promemoria per ricordarci con chi abbiamo a che fare in un momento delicato come questo, qui in Italia, non in Russia.
La maggioranza degli eletti in questa legislatura, ripeto: in questa legislatura ancora in corso, ha chiesto e ottenuto i voti degli elettori per uscire dall’Euro, per destabilizzare le istituzioni europee e per un’alleanza strategica con Vladimir Putin, signore di tutte le Russie e anche di molti partiti italiani.
Alcuni di questi partiti, in particolare quello di maggioranza relativa fondato da un comico e da un teorico del superamento della democrazia parlamentare, si sono spinti fino a chiedere formalmente di uscire dalla Nato, oltre che dall’Europa, e a farsi dettare punto per punto la politica estera dal Cremlino, dopo ripetuti viaggi in Russia e annunci di visite apologetiche nella Crimea sotto assedio dei carri armati di Putin.
Nella notte precedente la nascita del governo Conte uno, il più grottesco della storia repubblicana, le parti più imbarazzanti del programma di politica estera sono improvvisamente scomparse dai server grillini, consentendo una più serena ascesa dei Cinquestelle al potere. Tanto che Luigi Di Maio è diventato vicepremier e poi due volte ministro degli Esteri, mentre il suo russofilo più fidato, Manlio Di Stefano da Palermo, ha occupato stabilmente la Farnesina come sottosegretario.
Di Stefano, oltre che per i viaggi a Mosca con Alessandro Di Battista per applaudire l’invasione russa della Crimea, va ricordato anche per una tragicomica visita in Kazakistan in stile Borat, per la passione con cui si è battuto a favore dello smantellamento delle sanzioni a Putin e l’indebolimento della Nato, ma anche per lo struggimento che prova ogni volta che si avvicina a un regime dittatoriale, dalla Siria di Assad al Kazakistan di Nazarbaev, tutti grandi amici di Putin, fino a una leggendaria celebrazione dei «profondi legami di solidarietà e amicizia» che legherebbero l’Italia alla Bielorussia (paese che deve aver scambiato per chissà quale altro, come del resto aveva confuso il Libano con la Libia e poi spiegato che l’Italia non ha mai avuto un passato coloniale né ha mai bombardato una nazione straniera, da vice ideale alla Farnesina di Luigi Di Maio, il ministro degli Esteri che incontrava fascisti in giro per l’Europa e sosteneva con particolare passione quelli in gilet giallo che assaltavano i ministeri di Macron, salvo poi chiedere scusa alla «millenaria democrazia francese»).
Insomma sono questi qui, utili idioti di Mosca, e senza necessariamente aprire il capitolo Di Battista per non essere costretti ad allargare l’infatuazione grillina per i dittatori anche ai regimi sudamericani.
Restiamo alla Russia e agli interessi geopolitici della banda criminale del Cremlino. L’altro partito centrale di questa legislatura è la Lega di Matteo Salvini, antesignana della politica anti italiana contro l’Europa e da sempre supinamente sdraiata sulla Piazza Rossa e sui divanetti dell’Hotel Metropol di Mosca, fino al punto da aver firmato solennemente un accordo politico con Russia Unita, il partito più unico che raro di Vladimir Putin.
Lasciamo perdere per un momento la produzione industriale russa di fake news e l’ingegnerizzazione della menzogna da parte degli apparati del Cremlino a favore dei due partiti populisti italiani, perché il punto centrale di questa storia è che la nascita del governo Cinquestelle-Lega è stata una specie di annessione pacifica dell’Italia al campo antioccidentale degli agenti del caos, sublimata nei grandi ricevimenti romani in onore di Putin.
Senza dimenticare che erano comunque rimasti fuori dal governo, certo non per contrarietà a questi temi, i neo, ex, post fascisti di Fratelli d’Italia. E, certo, anche i berlusconiani sodali di Putin, anche se va riconosciuto che a Pratica di Mare, ai suoi tempi, Berlusconi si era agitato per portare Putin alla Nato, non per portare la Nato a Putin.
Sventati i pieni poteri al Papeete (una tragedia epocale evitata per un soffio: immaginate l’effetto di un governo sovranista e anti europeo nel pieno di una crisi pandemica da cui ci ha tirato fuori l’Europa), il Conte due si è presentato al mondo consentendo al ministro della Giustizia di Donald Trump, altro sodale del Cremlino e dei Putin Boys italiani, di interrogare i vertici dei nostri apparati di sicurezza per cercare le prove di un fantomatico complotto ucraino per delegittimare l’allora presidente americano.
Naturalmente era un’invenzione del Cremlino per buttare in caciara lo scandalo del Russiagate in America, ovvero le manovre russe per favorire l’elezione di Trump alla Casa Bianca, ma Conte e compagnia, compresi grotteschi giornali salviniani, si sono offerti e prestati con solerzia alla bisogna … leggi tutto