Già l’invasione russa della Crimea nel 2014 costituiva una violazione della proibizione dell’uso della forza sancita dalla Carta delle Nazioni Unite.
L’attacco di questi giorni è ancora più grave. E le basi giuridiche addotte da Mosca sono pretestuose.
Il supporto e il riconoscimento delle repubbliche separatiste del Donetsk e Luhansk
Il 21 febbraio 2022, il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato il riconoscimento di due regioni dell’est-Ucraina come stati indipendenti. Dal 2014, questi territori erano di fatto controllati da forze separatiste, sostenute dal governo di Mosca.
Come stabilito dalla Corte internazionale di giustizia (Cig) nel caso Nicaragua contro Stati Uniti, il finanziamento, l’addestramento e, in generale, l’aiuto a gruppi armati non statali non costituiscono, di per sé, una violazione della proibizione dell’uso della forza in assenza di un controllo effettivo di uno stato. Tuttavia, possono costituire una violazione di un diverso obbligo, la non ingerenza negli affari interni.
Non c’è dubbio che il riconoscimento dell’indipendenza delle repubbliche separatiste costituisce una violazione della sovranità territoriale dell’Ucraina e del principio di non ingerenza negli affari interni, sanciti nell’articolo 2 della Carta delle Nazioni Unite.
L’annessione della Crimea e l’invasione su larga scala dell’Ucraina
Nei primi mesi del 2014, la Russia ha invaso la penisola della Crimea. Questa prima aggressione già costitutiva una violazione della proibizione dell’uso della forza sancita all’articolo 2(4) della Carta delle Nazioni Unite. Nelle settimane successive, lo stato russo ha organizzato un referendum, ritenuto illegittimo dal governo ucraino, sulla base del quale la regione è stata annessa alla Federazione Russa.
Per il diritto internazionale, l’annessione di un territorio non può avvenire tramite l’impiego della forza. In ogni caso, è legale solo se rispetta le norme costituzionali dello stato di appartenenza. Poiché l’Ucraina non ha autorizzato il referendum, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite lo ha dichiarato illegittimo e ha condannato la violazione della sua sovranità territoriale.
Su questi fatti e sulla guerra nel Donbass, diversi procedimenti giudiziali sono tuttora in corso, in particolare di fronte alla Cig, alla Corte europea dei diritti dell’uomo, e alla Corte penale internazionale.
Ancora più grave è stata l’invasione su larga scala del territorio ucraino iniziata il 22 febbraio e tutt’ora in corso. Secondo il diritto internazionale, una seria violazione di una norma imperativa come la proibizione dell’uso della forza (cosiddetto ius cogens) comporta conseguenze ulteriori che coinvolgono tutti gli stati della comunità internazionale (articoli 40-41).
Come spiegato dalla Corte internazionale di giustizia nell’opinione sul muro in Palestina, tutti gli stati devono cooperare per porre fine alla violazione, sono obbligati a non riconoscere la situazione come legittima e a non fornire assistenza allo stato responsabile.
Gli argomenti giuridici sostenuti dalla Russia
Dal suo canto, la Russia ha giustificato le sue azioni usando una strategia simile in tutti i casi sopra menzionati (qui la lettera inviata all’Onu poco prima dell’aggressione). In sostanza, ha sostenuto il proprio diritto di agire in legittima difesa contro le politiche dello stato ucraino, e, più in generale, del blocco politico occidentale riferendosi all’articolo 51 della Carta Onu.
Inoltre, ha affermato di dover intervenire per bloccare il genocidio che stava avvenendo contro la minoranza russa dell’est-Ucraina … leggi tutto