Caro Direttore, non c’è alcun gusto nel dissentire fra amici,
ma è bello poterlo fare liberamente: dunque ti ringrazio di nuovo, con la speranza di riuscire ad esprimere un punto di vista che a me sembra il più sensato e aderente ai fatti. Io non penso che ci troviamo divisi fra pacifisti che vogliono la pace ed “elmetti” che vogliono la guerra. Qui, l’unico e solo che vuole la guerra è un signore che abita al Cremlino. Col quale sono in totale disaccordo salvo su una questione di parole. Vladimir Putin ha vietato che i media russi parlino di una “guerra” con l’Ucraina.
Se lo dici, vieni arrestato. Io credo che su questo punto dovremmo in parte seguirlo. Non stiamo parlando infatti di una guerra, ma di un’invasione. Le guerre fra Stati sovrani e specialmente europei devono sottostare a delle regole: per esempio, devono essere dichiarate con comunicazione diplomatica prima dell’inizio delle ostilità. In Ucraina è iniziata e sta proseguendo una invasione militare che ha assunto da due giorni gli aspetti di una operazione terroristica che mira a colpire obiettivi civili schierando in campo anche dei reparti di una specie di “SS” cecene, i tagliagole.
Se conveniamo di chiamare tutto ciò una invasione, potremo subito liberarci di una quantità di zavorra retorica che non si adatta al caso di questa attuale atrocità in cui non un governo, ma un intero popolo senza eccezioni, resiste agli invasori. Potremo così evitare di dire “Basta con la guerra”, gli orrori della guerra, fermate questa guerra e scopriremo che coloro che combattono soltanto per difendersi dall’invasione non sono equivalenti agli invasori.
Se evitiamo come la peste la parola “guerra” e usiamo l’eufemismo preferito da Putin – Speciale Operazione militare – abbiamo già fatto un passo avanti: uno Stato sovrano sta infliggendo a un altro Stato, senza preavviso né legittimità internazionale – una “Speciale operazione militare”. La parola “guerra” così corta e così comoda non è calza affatto a ciò che accade. Non siamo in presenza di due facinorosi che si prendono a pugni e schiaffi nel vicolo, senza che si sappia bene chi ha cominciato, sicché i vicini, il parroco, i curiosi possono gridare “Basta, fermatevi, se avete un conto da regolare, fatelo da persone civili”.
Sappiamo tutti che non è così. Ma facciamo tutti finta che lo sia, per lasciar spazio a una polemica che non esiste. Le cose stanno andando in un modo che gli invasori non avevano previsto. Non soltanto l’esercito ucraino, ma l’intera popolazione, compresi le donne i bambini e gli anziani combattono liberamente per loro scelta contro l’invasore.
Con tutto il rispetto, a me l’idea di Luca Casarini di andare tutti a Kiev a fare caciara su piazza Maiden (e per tutti mi sembra che intenda i commentatori di prestigio di giornali e talk) mi pare grottesca nel senso di comica e macabra. L’idea sembra avere senso se si creano artificialmente le due fazioni dei “pacifisti” e degli “interventisti” per di più stranieri, che varcano la frontiera scavalcando il filo spinato e che poi marciano sotto l’artiglieria russa e forse anche ucraina fino ad entrare a Kiev per imporre il dialogo. Come dicono a Roma, “da ammazzasse dalle risate”.
Un’altra idea che appare irragionevole a chi osserva le forze in campo è quella di fare una grande abbuffata di diplomatici che si dovrebbero chiudere nelle segrete stanze a bisbigliare in lingua diplomatica finché, come diceva Bossi, non si trova la quadra. Sono, a me sembra, tutte idee che fanno parte di un altro spettacolo, un’altra messa in scena ed un altro magazzino degli attrezzi. Ma, con un pizzico di nostalgia per tempi che non somigliamo nemmeno lontanamente ai nostri.
Per fortuna, stando alle cronache delle ultime ore, il fiero coraggio e la capacità di resistere degli ucraini ha messo in mostra la fragilità anche militare della Russia ridotta a chiamare bande di mercenari islamici e chiedere l’aiuto militare della Cina, per aver ragione di una nazione che secondo Putin era inesistente e che comunque non aspettava altro che di essere liberata da un tiranno. Ha fatto arrestare i capi dei servizi segreti che gli avevano presentato rapporti demenziali, anche se adesso ha il problema di uscire dall’Ucraina senza perdere la faccia e possibilmente evitando di allargare la guerra fino al campo nemico della Nato. Il presidente Zelensky dice che i russi stanno trattando e che lui ha offerto la rinuncia a aderire alla Nato.
Se son rose fioriranno, ma il punto che ci interessa è questo: grazie al sacrificio, disciplina, compattezza, addestramento e capacità di combattere e di resistere sia delle forze armate che del popolo ucraino (che ha lasciato andare via figlie, sorelle, mogli e fidanzate con i bambini piccoli) il quale si è comportato nel modo opposto a quello suggerito dai pretesi pacifisti: con dolore e sacrificio (gli obitori traboccano di soldati russi e ucraini e di madri e neonati e civili uccisi nelle loro case) hanno combattuto bene, con coraggio, con un sentimento che li unisce tutti e che noi spesso fingiamo di non vedere) e per ora, a quanto pare, sia detto senza enfasi, hanno vinto.
Certo, la Russia potrà sempre annientarli riversando colonne e colonne di carri armati e di ragazzi impreparati, ma la guerra lampo di Putin, la sua “speciale operazione militare” è fallita. Fallita male, nel malessere che serpeggia in Russia, dove il regime ha chiuso l’accesso alle fonti di notizie cui i russi ertano abituati, sicché non sanno o sanno in maniera falsificata ciò che accade.
Sembra, ad oggi, che l’Ucraina non abbia avvertito affatto il dovere di arrendersi, ma di resistere e chiedere a tutta l’Europa di unirsi per fronteggiare una minaccia che è semplicemente russa: tutti i popoli che nel corso di un secolo e mezzo sono stati occupati, vessati, sequestrati e sottomessi prima dall’impero zarista, poi dall’impero sovietico e ora dal dichiarato proposito putiniano di restaurare l’impero così com’era dai tempi di Pietro il Grande e fino a Stalin, oggi appaiono visibilmente uniti in uno spirito di comune difesa dalle pretese russe degli “Stati cuscinetto” e della “sfera di influenza”.
Senza iattanza, senza fanatismo, ma anzi con misura e pietà (le madri ucraine che rincuorano e nutrono i ragazzi russi prigionieri cui offrono un cellulare per rassicurare la madre in Russia) questo popolo ha combattuto e combatte, subisce danni devastanti, vede le sue famiglie spaccate, e semplicemente resiste, resiste, resiste. Penso che siano molte le persone calme, civili, colte, che hanno viaggiato e visto con i propri occhi, apertamente dalla parte dell’Ucraina invasa e brutalizzata che resiste con le unghie e con i denti, con le parole e con la disciplina, senza dar spazio alla retorica e costretta a versare il proprio sangue per difendersi dall’invasione barbarica.
E riesce difficile comprendere questa divisione artificiosa fra pacifisti e interventisti, quando invece la realtà è un’altra: una mattina, mi sono alzato e ho trovato l’invasor.