L'ex premier ai parlamentari: "Si voterà in rete per il terzo mandato, ma Grillo non vuole"
La guerra in Ucraina congela la vita dei partiti che però intanto ribollono. Musi lunghi nella Lega contro Salvini, diventato silente. Ridono solo Letta e Meloni
“Non dovevamo entrare in questo governo”. “Dovremmo uscire da questo governo”. I senatori del M5s Andrea Cioffi e Gianluca Castaldi parlottano nel cortile di Montecitorio. Poi si guardano negli occhi come due condannati: “Non si può fare nulla”. Didascalia: c’è la guerra in Ucraina, con tutto ciò che ne consegue. Ultima riflessione: “E solo Letta e Meloni ci guadagneranno da questa situazione”. La primavera dello scontento bussa alle porte di molti partiti.
E produce un effetto che va indagato: la situazione internazionale, le immagini dell’invasione russa, i rincari delle bollette e dei carburanti, e i problemi della grande distribuzione hanno congelato tutto. Perfino Matteo Salvini ora comunica di meno dopo l’abbuffata delle settimane scorse terminata con la figura barbina rimediata in Polonia.
Il suo partito, la Lega, ribolle. I parlamentari del centro-sud sono molle pronte a scattare: molti non saranno rieletti. “Non prendiamo nemmeno un uninominale: Matteo ha perso il tocco”.
Preoccupano le amministrative. Giorgia Meloni ha la fila di questuanti pronti a passare con lei, e dentro Fratelli d’Italia regna un ottimismo mai visto. Anche se i rapporti con Lega e Forza Italia sono sotto zero, appunto, dall’elezione del capo dello stato. E anche lo stop degli alleati alla riforma del presidenzialismo è stato letto dalla “Capa” come “un’altra delusione”. Grande freddo. E Giuseppe Conte? Ha passato una mattinata da dimenticare, e in fretta. Altro che gelo: riunione infuocata. Urla.
Una banalissima riunione su Zoom del capo politico del M5s (congelato dal tribunale) con i vicepresidenti (finiti nel freezer dei giudici anche loro) e i direttivi di Camera e Senato si è trasformata in un rodeo. Il capogruppo di Montecitorio Davide Crippa e gli altri componenti del gruppo di vertice hanno iniziato a incalzare la presidenza sulla linea politica che non c’è (“sull’Ucraina cosa succede ai nostri che voteranno contro?”), sulle amministrative (“potremo presentare il simbolo?”) e sul terzo mandato (“gli eletti lo vogliono sapere”).
I vicepresidenti Michele Gubitosa e Riccardo Ricciardi sono scattati come molle: “Voi pensate al gruppo, noi al partito”.
Apriti cielo. Conte spegne la telecamera. Alla fine l’ex premier dirà cose interessanti: “Presto faremo rivotare gli organismi interni, poi i delegati e a stretto giro la nostra base si esprimerà sul terzo mandato anche se Grillo è contrario”. Non parla di deroghe ma di voto generico che potrebbe terremotare l’attuale classe dirigente. Ritorna la brina. Intanto bisogna tenere d’occhio la Lega.
Meno male che c’è Pedro Sánchez: il premier spagnolo, atteso oggi a Roma, dice rivolgendosi a Vox che “con voi, Salvini o Le Pen sarebbe morta la Ue”. Allude ai rapporti con Putin. Parole che rianimano la Lega. Batteria di parlamentari (Candiani, Iezzi, Borghi, Bagnai) difende il Capitano: “Vergogna” … leggi tutto