Giuseppe Conte è contrario ad aumentare il budget della Difesa al 2%, come era stato voluto dal governo Conte.
Contraddice se stesso (durante i suoi governi è aumentata la spesa per le armi) e si scinde in due: «Il M5s non consentirà il riarmo, non farà mai passare questo aumento nel Def», dice per un verso. «Ma non faremo cadere il governo», frena dall’altro. È una rapsodia: un colpo al cerchio e uno alla botte, tutti nell’ottica della campagna elettorale interna che ieri si è conclusa facendo registrare un faticoso aumento dei votanti.
Nel secondo giorno di voto del Movimento sulla sua leadership, il cerchiobottismo gira alla massima potenza. Andavano d’altronde riportati a votare gli iscritti di un Movimento agonizzante, e se i numeri delle ultime due votazioni erano stati sconfortanti, questa terza tornata è stata costruita per superare matematicamente il 50%.
Si è votato infatti per quaranta ore consecutive, attraverso la piattaforma Skyvote. E con una campagna di mail-bombing che ha sollecitato gli iscritti prima e durante le operazioni di voto. Durante le votazioni è stata trasmessa in diretta una maratona oratoria dei parlamentari e degli eletti locali. Si votava con un Sì e un No all’opzione di un unico listone nazionale, comprensivo del gruppo dirigente dei vice presidenti.
Nell’agosto 2021 i votanti per le modifiche statutarie erano stati 60mila, poi scesi a 38mila quando si era trattato di esprimersi sulla figura di Conte. L’idea di votare la fiducia plebiscitaria a una lista di candidati senza alternative, con Sì e No, non è neanche inedita: trova un precedente storico nelle elezioni del 1929 e poi in quelle del 1934.
Durante il fascismo si votava proprio come nel Movimento di oggi. Con esiti che in tutti i casi superavano il 90 per cento. «Conterà sicuramente l’affluenza», ha anticipato ieri il vicepresidente M5S, Riccardo Ricciardi.
Gli aventi diritto erano circa 135.000, una cifra ben lontana dall’essere raggiunta. Conte aveva paventato di portarsi via il pallone, se non gli fosse stata concessa la partita: «Farò un passo indietro se il risultato del voto sarà risicato», aveva detto. Alla vigilia delle elezioni amministrative – e con le liste elettorali da fare per Camera e Senato – era suonata come una minaccia.
Nulla cambia quanto alle contestazioni formali che l’avvocato Lorenzo Borré si sta incaricando di rimettere in pista. Anche lui, uscito dal Movimento, da domenica ha ricevuto più volte l’invito a votare.
Non lo ha fatto per correttezza, ma chissà quanti tra gli espulsi hanno ingannato il sistema per dare il proprio voto … leggi tutto