di GIOVANNI LAMURA E COSTANZO RANCI
Benefici monetari e servizi per la non autosufficienza non sono mai stati concepiti come un insieme organico.
In più il sistema è rimasto immutato per anni, mentre il bisogno di cura è aumentato. Le linee di una riforma sempre più urgente sono chiare.
Un sistema con due problemi
Il nostro sistema di long-term care (Ltc) soffre di due problemi strutturali. Innanzitutto, i benefici monetari e i servizi a supporto della non autosufficienza non sono mai stati concepiti come un insieme organico e unitario.
La frantumazione istituzionale delle competenze ha impedito che emergesse l’unitarietà del sistema, evidente invece ai cittadini, costretti a migrare tra diverse istituzioni per ricostruire, non senza difficoltà, il puzzle (se non addirittura a crearne dal basso alcuni tasselli importanti, come nel caso delle assistenti familiari private, di cui nessuna istituzione è di fatto referente). Il caleidoscopio delle competenze istituzionali è impressionante, come mostra la tabella 1.
La seconda criticità è che il sistema è rimasto in uno stato di “ibernazione” per diverse decine di anni. L’indennità di accompagnamento è stata introdotta nel 1980, estesa agli anziani nel 1988, e poi non è più cambiata. L’assistenza domiciliare integrata è prevista dal 1992.
I servizi domiciliari dei comuni ereditano tradizioni locali risalenti agli anni Ottanta. Le strutture residenziali attendono una riforma da decenni. Le badanti sono presenti nel nostro territorio da almeno venti anni, ma aspettano ancora un sistema di regolarizzazione che non sia affidato a sanatorie una tantum.
L’inerzia del sistema contrasta con l’aumento esponenziale del bisogno di cura, legato all’invecchiamento della popolazione, all’aumento conseguente delle disabilità gravi e ai cambiamenti nelle strutture e organizzazioni familiari e nei rapporti intergenerazionali. Sebbene non siano mancanti sforzi lungimiranti da parte di alcune regioni più attive nell’introdurre misure pensate per far fronte alle accresciute esigenze, la mancanza di una vigorosa spinta nazionale verso una presa in carico più consistente e sistematica della non autosufficienza ha certamente rappresentato un freno considerevole.
Con la pandemia una nuova consapevolezza
La pandemia ha cambiato in modo radicale lo scenario, provocando un possibile “disgelo”. La forte concentrazione di decessi da Covid-19 nei soggetti anziani fragili ha creato una nuova sensibilità, che ha trovato eco in due novità fondamentali: l’inserimento della riforma del sistema di long-term care tra le finalità vincolanti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, grazie all’ascolto che la politica ha mostrato rispetto alle richieste della società civile; e la costruzione dal basso di una rete di soggetti e portatori di interessi, il Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza, che ha elaborato di recente una proposta complessiva di riforma del sistema.
Al tempo stesso, le resistenze precedenti sono oggi meno fondate. Si riconosce unanimemente che la sfida è quella di espandere, e non ridurre, il sistema pubblico di tutela della non autosufficienza.
E si è ampiamente compresa e riconosciuta la necessità di porre in agenda l’espansione e l’intensificazione dei servizi territoriali e domiciliari, superando lo storico sbilanciamento del sistema verso i trasferimenti monetari (vedi tabella).
La riforma del long-term care diventa così un obiettivo a portata di mano. C’è la convergenza degli attori; si percepisce una sensibile riduzione delle resistenze contro ogni cambiamento; si apre la finestra di opportunità politica rappresentata dal processo richiesto dal Pnrr; e non mancano le diverse proposte sul campo, tra cui quella del Patto per un nuovo welfare è sicuramente la più completa … leggi tutto