Non c’è sovrapposizione, se non marginale, fra movimento no vax e posizioni antioccidentali (e, di fatto, filorusse) sulla guerra.
Sembra accertato che la schiacciante maggioranza dei russi appoggi Putin e la sua guerra. Ciò esclude la possibilità di un colpo di Stato a breve termine. Chi tentasse la sorte oggi (in futuro si vedrà), presumibilmente, verrebbe considerato dal Paese un traditore, un agente dell’Occidente. Si può capire perché la propaganda putiniana sulle colpe dell’Ucraina e su quelle dell’Occidente abbia incontrato così tanto successo in Russia.
Quando suona una campana sola è normale che i più si bevano le menzogne di Stato. Ma anche in questo caso vale il principio secondo cui le menzogne di Stato si bevono più agevolmente quando si accordano con i pregiudizi diffusi nella popolazione. Nel caso in questione, plausibilmente, sono coerenti con i pensieri e le credenze radicate nella «Russia profonda», quella che guarda con ostilità ai russi di città, a quei ceti medi urbani occidentalizzati che hanno espresso la minoranza contraria alla guerra.
Ma che dire delle democrazie occidentali? Che dire di società in cui suonano tante campane, nelle quali circolano liberamente le informazioni su quanto sta accadendo, ove è possibile per chiunque informarsi? Perché anche da noi ci sono quelli che, a dispetto di ogni evidenza, e senza l’attenuante di vivere in Russia, la pensano più o meno come la maggior parte dei russi? Una minoranza, certamente.
Ma presente in molti Paesi occidentali anche se forse ha un peso e una capacità di incidenza maggiori in Italia. A causa del carattere «slabbrato» della nostra vita pubblica, di certe fragilità politiche e istituzionali. Sarebbe un peccato di «politicismo» non collegare le posizioni ambigue assunte da questa o quella forza politica sulla guerra in Ucraina a credenze diffuse nel Paese e che rendono quella ambiguità politicamente remunerativa.
Per intercettare coloro che le propugnano c’è chi è disposto a mettere a rischio la sopravvivenza del governo. A costo di spezzare (proprio come vorrebbe Putin) la compattezza del fronte occidentale e di mandare a picco la credibilità internazionale dell’Italia.
C’è qui da noi, come ha scritto Goffredo Buccini (Corriere, 2 aprile) un antiamericanismo diffuso e radicato che viene da lontano e per il quale non c’è differenza fra dire «no alla guerra» o «no all’America», «vogliamo la pace» o «vogliamo l’Italia fuori dalla Nato».
Mai o quasi mai i pregiudizi radicati possono essere sconfitti da argomentazioni razionali. Per ragioni che gli psicologi sono in grado di spiegare. Da questo punto di vista c’è una notevole somiglianza fra l’indistruttibilità dei pregiudizi della (vasta, come si è visto) platea dei no vax e quella dei pregiudizi diffusi sulla guerra in corso.
In entrambi i casi, le argomentazioni razionali si infrangono contro una barriera impenetrabile: nulla è in grado di sconfiggere il pregiudizio, nessuna informazione e nessun argomento sono in grado di aprire una breccia: «Gli scienziati mentono sulla pandemia», «Questa guerra, come tutte le altre, è stata causata dall’Occidente».
Storia pregressa a parte, queste correnti di opinione (si tratti di vaccini o di Ucraina) trovano nella nostra vita pubblica una superiore capacità di incidenza rispetto ad altre democrazie e rendono l’Italia la parte debole del fronte occidentale per varie ragioni.
Conta la frammentazione politica e per essa l’accesa competizione entro la maggioranza parlamentare di governo. Lo si è visto in tema di vaccini e green pass, lo si vede ora di fronte alla guerra in Europa … leggi tutto