di Mario Lavia
La sporca guerra russa
Le immagini che arrivano da Bucha mostrano una nuova Guernica. La politica italiana è abbastanza compatta nella condanna di Putin, ma ora anche gli intellettuali più tiepidi devono isolare che si ostina a parlare di “montature cinematografiche” e di altre idiozie
Ora voltate la testa dall’altra parte, cari intellettuali che invocate “l’analisi”, che vi sbracciate a chiedere per Vladimir Putin “una via d’uscita”, che suggerite a Volodymyr Zelensky la resa, ora andate a piazza San Giovanni con i cartelli “né con Putin né con la Nato”, ripetete pure che il problema “non è Putin ma la guerra”, abbiate il coraggio di affermare che è tutta una montatura cinematografica, cara La7, continua a chiamare i Grimaldi e gli Orsini per un pugno di share.
Fate pure i pensosi soppesatori di torti e ragioni, ma «il tempo è scaduto», come dice Enrico Letta, perché il macello di Pucha del macellaio Putin (bravo Joe Biden, si era espresso benissimo) è la Guernica di questa sporca guerra russa, la My Lai del Cremlino che sollevò una generazione in tutto il mondo contro la dirty war americana di 54 anni fa.
I russi scappano e fanno terra bruciata, ma molto peggio di come fecero i loro antenati nel 1812 per difendere Mosca da Bonaparte – e oltretutto allora erano loro gli attaccati. I carri armati con la Z lasciano la zona di Kiev e annientano tutto ciò che è possibile: le scene le abbiamo viste tutti e non ci sono parole per descriverne l’orrore – almeno non ne siamo capaci noi – ed è davvero umiliante per qualunque persona civile ascoltare il Cremlino che parla di una macchinazione, infatti tutti i grandi leader democratici sono stati unanimi nell’esecrare le esecuzioni di uomini con le braccia legate dietro la schiena, per dire solo uno dei crimini commessi dall’esercito di Putin, le torture, le fosse comuni, i carri armati che passano sui cadaveri.
Sono massacri, azioni punitive di cui i russi – come ha detto Mario Draghi – «dovranno rendere conto», chissà quando, chissà come, ma presto o tardi.
Bucha segna, o dovrebbe segnare, una svolta nella coscienza collettiva del mondo intero. Qualche cinico continuerà a dire: questa è la guerra, bellezza. No, questa non è più nemmeno la guerra, questa è la ferinità dell’animale azzoppato, dell’assassino braccato.
Si deve dare a Putin una via d’uscita, come ha pontificato Michele Santoro?
Ma Bucha dice che a questo punto ogni trattativa diventa non solo difficilissima ma – come dire – insopportabile, come si farebbe a stringere la mano al macellaio, come si potrebbe discutere con lui della spartizione di un territorio che questo nipotino di Stalin e Hitler ha insanguinato e disseminato di cadaveri senza testa, senza braccia, senza gambe? … leggi tutto