Il presidente dell’associazione nazionale partigiani se la prende con chi è andato a frugare nel suo passato ma ha seminato per strada troppi inciampi
Il curriculum
Macché… Lui, il primo rappresentante dei partigiani a non aver fatto la guerra («Come se io mi iscrivessi a una associazione di garibaldini e pretendessi di parlare a nome di Garibaldi», l’ha infilzato Pierluigi Battista), nato a Bari nel ‘49, quadro dal ‘74 del Pci milanese, vice-direttore dall’’80 de Il Metallurgico dei metalmeccanici, traslocato nel ’91 a Rifondazione, direttore de Il Treno, eletto con l’Ulivo nel 2001 per il Partito dei Comunisti Italiani fondato dal marxista-interista (autodefinizione) Armando Cossutta, piazzato alla guida de La Rinascita della sinistra per poi rientrare nel Pd giusto in tempo per andarsene all’Anpi del quale avrebbe diretto la rivista Patria Indipendente prima di diventare presidente, aveva in testa un solo pericolo.
Non quello della crescente tirannia putiniana legata al voto di scambio con i più spregiudicati e straricchi oligarchi russi ma quello dei più bellicosi nazionalisti ucraini che, in nome della rottura secolare con Mosca, si erano messi nella scia di oscuri figuri come Stepan Bandera, fondatore d’estrema destra dell’Esercito Insurrezionale Ucraino, che arrivò a giurare fedeltà a Hitler e a prendere parte, secondo i nemici, a stragi contro i polacchi e all’Olocausto contro gli ebrei.
Accuse che non impedirono nel 2009 all’Ucraina di celebrare il centenario della sua nascita con un francobollo commemorativo.
E a migliaia di giovani di accorrere ad arruolarsi, come nel giugno 2014, dopo la nascita della autoproclamata repubblica di Donetsk, nel Battaglione Azov, il cui sole nero era ispirato al misticismo nazista … leggi tutto