Werner Maraun, libraio diventato “massacratore”. «Così svelai alla figlia che suo padre fu un criminale di guerra» (corriere.it)

di Alessandro Fulloni

Un libro ricostruisce la lotta partigiana in 
Valle Camonica. 

Il racconto di come l’autore, Andrea Cominini, ha svelato a una donna tedesca, ignara di tutto, che suo padre, sottufficiale della Wehrmacht, Werner Maraun, era un criminale di guerra

«Come ho fatto a dire a quella donna che suo padre è stato un criminale di guerra? Non è stato per nulla facile. Mi ci sono voluti almeno cinque anni, cinque anni di conoscenza crescente, terminata d’improvviso per via di quel che le rivelai…».

Andrea Cominini racconta che l’idea del suo libro storico — per le cui ricerche è andato via un decennio abbondante — è cominciata «nel marzo 2010, quando decisi di intraprendere la ricerca su un misterioso maresciallo tedesco, un certo Werner, linciato dalla popolazione nella piazza del mio piccolo paese, Esine, in Valle Camonica, a guerra ultimata.

Me ne aveva parlato mio nonno più volte… Non ancora molto pratico di ricerca storica, mi ci vollero sei mesi di contatti con gli archivi tedeschi per scoprirne l’identità. A settembre inviai una lettera all’indirizzo di quello che sembrava il domicilio di uno dei suoi probabili discendenti e, circa due settimane dopo, ricevetti in risposta la lettera della figlia del maresciallo, ultima superstite della sua famiglia.

Da quel giorno iniziai una fitta corrispondenza con lei che, con mia grande sorpresa, si dimostrò sinceramente entusiasta delle notizie sul padre che le stavo fornendo»…

Da questo scambio di lettere, e dalla successiva conoscenza, ma stavolta di persona, nasce un libro particolare giunto in questi giorni alla seconda edizione — dal titolo «Il nazista e il ribelle. Una storia all’ultimo respiro» (446 pagine, 24 euro, edizioni Mimesi e la prefazione è di Mimmo Franzinelli, assai apprezzato storico del fascismo) —, solo in apparenza riguardante una storia minore.

Siamo davanti a pagine coinvolgenti, trascinate, nello scenario di queste valli del Bresciano, da due vicende incrociate, quella di un giovanissimo partigiano esinese, Bortolo Bigatti (detto «Móha») e quella di un sottufficiale tedesco della Wehrmacht, Werner Maraun, che poi chiameranno «il massacratore» o «il macellaio».

Ma facciamo un passo indietro e torniamo ai giorni in cui Cominini — 41 anni, professore di Lingue e letterature straniere e ricercatore per gli Istituti storici della Resistenza di Brescia e di Bergamo — avvia la conoscenza, dapprima epistolare, come in uno stream of consciousness, della figlia di Maraun, libraio dai modi gentili sino a prima della guerra e poi a capo di una squadra speciale incaricata della repressione partigiana, prima in Francia e poi nell’Italia del Nord.

Sostiene Andrea che «lei non conosceva nulla su di lui. Nata nel 1940, non aveva alcun ricordo personale del padre, morto nella primavera del 1945. Non le specificai mai però che egli fu coinvolto in crimini di guerra e che, nella mia zona, agì come capo della repressione partigiana». Nel novembre 2012 Cominini andò a Berlino per delle ricerche documentali e «quindi a Wannsee, dove potei incontrare Hannah per la prima volta.

Fu un incontro molto carico di emozioni per entrambe le parti. Hannah si dimostrò molto disponibile nel fornirmi tutte le informazioni, anche se dentro di me sentivo che non mi stava raccontando tutta la verità che conosceva sul padre, la medesima sensazione che lei stava probabilmente provando nei miei confronti». Dopo essere tornato a casa «per un paio d’anni la nostra corrispondenza continuò regolarmente.

Nel dicembre 2014 e nel giugno 2015 tornai a Berlino per alcune ricerche e approfittai per andare a trovare Hannah. Qualcosa in lei era però cambiato» … leggi tutto

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