Quattro esempi mostrano i segni di sbandamento
del Parlamento.
Non è stato neppure ricordato che i controlli preventivi producono necessariamente quella lentezza dell’amministrazione che tutti lamentano; che i controlli preventivi e quelli concomitanti, introdotti per difendere la burocrazia, la trasformano in un sorvegliato speciale; che, se lo scopo è di liberare la burocrazia della spada di Damocle delle procure, bisogna andare alla radice e definire le fattispecie penali che intimoriscono i dipendenti pubblici; che, infine, la Corte dei conti dovrebbe svolgere il compito assegnato ad essa dalla Costituzione, di occhio del Parlamento, non co-gestendo le singole decisioni amministrative, ma valutando complessivamente costi e rendimenti della finanza pubblica. Insomma, il Parlamento mette alla cieca delle toppe che non serviranno, e, invece di risolvere i problemi che affronta, ne crea altri.
Il secondo esempio è il testo di modifica dell’articolo 114 della Costituzione approvato dalla commissione affari costituzionali della Camera dei deputati. Esso attribuisce al comune di Roma potestà legislativa (con esclusione della sanità), facendolo diventare una mini-regione.
Nel corso del dibattito parlamentare non si è valutato che Roma non soffre di un deficit di potestà normativa, ma di un deficit di capacità amministrativa; che le leggi non eviteranno ai romani di trovarsi i cinghiali sotto casa; che creare una mini regione romana ridurrà la regione Lazio a una ciambella o a un guscio vuoto, innescando una tensione permanente tra città e regione; che l’aumento dei legislatori in Italia accresce lo sbriciolamento normativo di cui già soffriamo; che i problemi di Roma derivano dall’essere la capitale, e che quindi vanno affrontati rafforzando i raccordi con lo Stato centrale. Insomma, a Roma non serve di poter dettare leggi, ma di connettersi meglio con le esigenze della capitale, cioè con la nazione, e di essere amministrata, non abbandonata a sé stessa, com’è oggi … leggi tutto