di Antonella Sinopoli – direttrice di Voci Globali, vive in Ghana
Una statua e una foto.
La prima rappresenta combattenti russi in tenuta da assalto, alle loro spalle, accovacciata, una donna con i suoi bambini. A proteggerli sono loro, quei soldati chiamati da un presidente in difficoltà con lo scopo di frenare le ribellioni interne.
Siamo a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana. Nel 2020 in pieno periodo elettorale il presidente Faustin Archange Touadera fece appello a forze esterne mentre sulla città avanzavano gruppi di oppositori armati. Quella statua è di fatto un riconoscimento, un segno di gratitudine verso quei paramilitari così bene addestrati e senza incertezze nel “ristabilire l’ordine”.
Ed è sempre nella CAR (Repubblica Centrafricana) che qualche mese dopo hanno cominciato a circolare t-shirt con un messaggio inequivocabile: “Je suis Wagner”. A indossarle giovani donne e uomini, quegli stessi che probabilmente hanno marciato per il sostegno alla Russia sventolando altrettanti chiari messaggi. Russi difensori della patria. Delle patrie. Anche di quelle africane.
E se a farlo sono mercenari del famigerato gruppo Wagner questo non sembra sollevare particolari questioni morali. Non in maniera unanime, almeno, contrariamente alle reazioni nel resto del mondo.
Le ragioni sono diverse: dall’opportunismo politico di governi che usano queste forze mercenarie per tenere sotto controllo la popolazione dissidente, ai sentimenti ormai molto critici nei confronti dell’Occidente che la guerra in corso in Ucraina sta facendo emergere, fino a un atteggiamento smaccatamente filo-russo che utilizza i canali social per esprimersi, e accresciuto anche dalla forte campagna di propaganda su Facebook con pagine dedicate all’esaltazione del gruppo Wagner e contro la presenza occidentale nel Continente.
Pagine rivolte ai cittadini dell’Etiopia (da quasi due anni è in corso un sanguinoso confitto nel Tigray) del Sahel, di quei paesi instabili dell’Africa occidentale o dove si sono verificati colpi di Stato, come il Sudan, che guarda caso sono tra quelli in cui operano attivamente i mercenari russi.
Ci sono, ma quasi sembrano invisibili tra negazioni del Cremlino e spesso anche dei governi di quegli Stati dove sono stati chiamati a “fornire il loro servizio”. Invisibili ma letali considerate le accuse di crimini di guerra, atrocità contro i civili e abusi dei diritti umani avanzate più di una volta dalle Nazioni Unite, che ha stabilito sanzioni sul gruppo mercenario, nei confronti – ad esempio – delle unità presenti in Mali o, ancora, nella CAR. Alla fin fine sanzioni verso chi? Non esisterebbe una registrazione ufficiale di questa unità i cui confini e legami sono però ormai certi – e farebbero riferimento al presidente Vladimir Putin.
Ma andiamo nel dettaglio. Chi sono e come operano questi uomini così bene addestrati, temuti e la cui presenza in Africa ha una dimensione politica oltre che militare? Ad aiutare a capire dinamiche e modalità di questa private military company (PMC) in Africa, è stata un’inchiesta della BBC che ha documentato che il gruppo era già attivo in Libia nel 2016, a supporto delle forze fedeli al generale Khalifa Haftar.
Erano trascorsi due anni da quella che è ritenuta la prima entrata in scena di questi mercenari, vale a dire durante l’annessione della Crimea alla Russia. Seguì la Siria. Anche qui il regime di Bashar al-Assad aveva bisogno di forze determinate e senza scrupoli.
Da allora la loro presenza nell’altro lato del mondo, in Africa, a cominciare dalla CAR, Sudan e Mali (anche qui su invito del Governo per combattere i gruppi militanti di matrice islamica), si è espansa nonostante si parli di poche migliaia di uomini. Nel dicembre 2021 i servizi di intelligence ucraini (SBU) e il Centro ucraino di analisi e sicurezza (UCAS) ne avevano identificati 4.184 – vivi o morti – in varie parti del mondo. Arrivano da 15 differenti paesi, ma la maggior parte dalla Russia.
Nelle loro fila, infatti, molti veterani dell’esercito e un equipaggiamento militare che, a detta degli esperti, potrebbe provenire solo, appunto, dalle forniture dell’esercito russo … leggi tutto