di Mario Lavia
La formidabile inadeguatezza dell’avvocato del populismo disorienta i parlamentari grillini,
i quali ora vedono arrivare con preoccupazione la fine della legislatura (e la difficoltà di trovare un altro mestiere)
«Ma lo sa quanti sono i candidati a sindaco su 126 comuni in Sicilia? Zero. Sa quante liste? Tre. Forse qualche problema c’è». Dino Giarrusso lo dice a La7 – e dove sennò – che il Movimento sta evaporando, e in Sicilia poi dove in anni vicini fu una potenza, lo dice in tv ma non è certo uno scoop perché scartabellando tra le notizie locali si vede a occhio nudo che le amministrative di giugno saranno un disastro, zero sindaci e un ruolo nella migliore delle ipotesi di ruota di scorta a sostegno del centrosinistra più qualche strano esperimento locale.
La fine è nota. La percentuale finale sarà ad una cifra, vedremo quale. La débâcle cadrà in testa a Giuseppe Conte, e forse è anche per questo che appare sempre più fuori controllo in questi ultimi giorni nei quali alterna minacce di sfracelli politici a pronte ritirate con la coda tra le gambe. Ma non si tratta di ritirate strategiche, che comunque son condotte con razionalità.
No, qui è una rotta. Loro, i parlamentari, ancora decine e decine malgrado le fuoriuscite e le cacciate, ormai sono in preda alla depressione più assoluta, un male oscuro sinora sconosciuto, bastava guardarli ieri in Parlamento: in particolare la capogruppo al Senato Mariolina Castellone, quella che ha sottratto il posto a Ettore Licheri poi ancora trombato per la elezione del presidente della commissione Esteri del Senato, persino timida – quanto sono lontani i tempi delle Paola Taverna, le Roberta Lombardi – nel leggere il compitino («Ci vuole la fase due!») davanti a un Mario Draghi che per l’ennesima volta aveva con pazienza e ragione spiegato ai senatori come stanno le cose e perché la posizione italiana sia «solida».
L’avvocato nei giorni scorsi aveva ripetuto ogni momento che Draghi doveva andare in Aula e ieri che il presidente del Consiglio c’è andato il Movimento si è squagliato come un gelato sotto al sole.
«Presidente, venga più spesso in Aula, come faceva il presidente precedente», singhiozzava la Castellone dimenticando che il suo capo faceva più conferenze stampa che discorsi parlamentari.
l Movimento nato e cresciuto col vaffa adesso si è politicamente impappinato dentro una condizione depressiva (e deprimente), che è il portato di mesi e mesi di totale inconcludenza politica non contraddetta ma causata dal movimentismo a casaccio dell’avvocato che sta mettendo in seria difficoltà la tenuta nervosa dei suoi parlamentari, ormai verso la fine della loro esperienza sugli scranni di Montecitorio e palazzo Madama.
Mariolina Castellone, che si chiama Maria Domenica, aveva a destra Danilo Toninelli e a sinistra la già citata Paola Taverna, al confronto due oratori degni di Cicerone («A quelli del Pd non gli ho detto “zozzoni” gli ho detto “mafiosi, dovete morire», Taverna 2015), la vecchia guardia che avrà difficoltà a trovarsi un altro mestiere perché nel frattempo sono passati quasi dieci anni dall’exploit grillesco del 2013 e che si trova improvvisamente a corto di carisma e di idee … leggi tutto