"Dovremmo dirlo. La Russia è fascista",
questo il titolo, punti compresi, di un editoriale pubblicato il 19 maggio sul New York Times. L’autore è Timothy Snyder, professore di storia all’Università di Yale e autore di numerosi libri sul fascismo e i totalitarismi.
Snyder parte da una premessa molto dura: contrariamente a quanto spesso si sostiene nelle democrazie liberali, concedendo una fiducia a priori nel cosiddetto “mercato delle idee”, “Il fascismo non è mai stato sconfitto in quanto idea”:
Come culto dell’irrazionalità e della violenza, non poteva essere sconfitto come argomento: finché la Germania nazista sembrava forte, gli europei e gli altri erano tentati. Solo sui campi di battaglia della Seconda Guerra Mondiale il fascismo è stato sconfitto. Ora è tornato, e questa volta il paese che combatte una guerra fascista di distruzione è la Russia. Se la Russia dovesse vincere, i fascisti di tutto il mondo sarebbero rassicurati.
Sbagliamo a circoscrivere le nostre paure del fascismo a una certa immagine di Hitler e dell’Olocausto. Il fascismo era di origine italiana, popolare in Romania – dove i fascisti erano cristiani ortodossi che sognavano la violenza purificatrice – e aveva aderenti in tutta Europa (e in America). In tutte le sue varianti, si trattava del trionfo della volontà sulla ragione.
Snyder passa poi ad analizzare come in Unione Sovietica prima e poi nella Russia degli ultimi decenni, non si sia mai data una vera e propria definizione di fascismo. Se per Stalin è stato ora una variante dei nemici del capitalismo, ora un male da combattere, ora un potenziale alleato nella spartizione della Polonia e, infine, di nuovo un nemico, questa fluidità di giudizio si è trasmessa fino al presente.
Il “fascismo” per la società russa è un nemico esterno, ed è un nemico esterno che ha permesso di costruire una visione mitica in cui l’Unione Sovietica è emersa come vincitrice in un passato glorioso:
Nel 1939, l’Unione Sovietica si unì alla Germania nazista come alleata di fatto, e le due potenze invasero insieme la Polonia. I discorsi nazisti furono ripresi dalla stampa sovietica, mentre gli ufficiali nazisti ammirarono l’efficienza sovietica nelle deportazioni di massa. Ma i russi oggi non ne parlano, perché le leggi sulla memoria lo rendono un crimine.
La Seconda Guerra Mondiale è un elemento del mito storico dell’innocenza russa e della grandezza perduta di Putin: la Russia deve godere del monopolio del vittimismo e della vittoria. Il fatto fondamentale che Stalin abbia favorito la Seconda Guerra Mondiale alleandosi con Hitler deve essere impronunciabile e impensabile.
La flessibilità del pensiero di Stalin verso il fascismo è la chiave per capire la Russia di oggi. Sotto Stalin, il fascismo è stato prima indifferente, poi cattivo, poi è andato bene fino a quando Hitler non ha tradito Stalin e la Germania ha invaso l’Unione Sovietica: allora è diventato di nuovo cattivo. Ma nessuno ne ha mai definito il significato.
Era una scatola in cui si poteva mettere qualsiasi cosa. I comunisti sono stati epurati come fascisti in processi farsa. Durante la Guerra Fredda, gli americani e gli inglesi sono diventati fascisti. E l'”antifascismo” non ha impedito a Stalin di prendere di mira gli ebrei nella sua ultima purga, né ai suoi successori di confondere Israele con la Germania nazista.
L’antifascismo sovietico, in altre parole, rispecchiava una politica ‘noi e loro’. Questa non è una risposta al fascismo. Dopo tutto, la politica fascista inizia, come disse il pensatore nazista Carl Schmitt, dalla definizione di un nemico. Poiché l’antifascismo sovietico significava solo definire un nemico, offriva al fascismo una porta di servizio attraverso la quale tornare in Russia … leggi tutto