I partiti servono, ma ora cambino (corriere.it)

di Sabino Cassese
Sono necessari perché la società possa 
dialogare con il governo, però debbono 
ridiventare forze vive
Sono molti i segni di esaurimento della forma-partito. Una volta tutti i partiti avevano un radicamento nazionale; ora tre dei principali partiti hanno la loro base solo in una parte del territorio. Una volta i partiti erano pochi e coesi (le correnti ne arricchivano il pluralismo, non li dividevano); ora sono frammentati e divisi al loro interno, mentre loro frazioni sono tentate di creare sempre nuove forze politiche.
Una volta avevano milioni di iscritti; ora i loro membri sono un ottavo di quelli del passato e il numero di iscritti rispetto ai votanti si riduce, mentre si cercano surrogati, agorà o campi larghi. Una volta i partiti avevano basi elettorali fedeli, con un forte senso di appartenenza; ora gli elettorati sono estremamente volatili (alcuni partiti, in pochi anni, hanno raddoppiato o dimezzato, o raddoppiato e poi dimezzato, il proprio seguito, comprendendo così che il vento può nuovamente girare in un breve volgere di tempo).
Una volta i leader dettavano la linea, ora — come ha osservato Angelo Panebianco su questo giornale il 30 maggio scorso — i leader sono divenuti follower, in perenne ascolto dei sondaggi e dei risultati delle elezioni locali. I congressi di partito erano una volta un rito rispettato; ora sono divenuti una rarità. Lì una volta maturavano progetti e proposte, mentre ora basta un argomento minuscolo come quello dell’inceneritore romano a infiammare le parti.
Una volta tutti i partiti portavano nella loro denominazione la parola partito, ora rifiutata da tutte le forze politiche in Parlamento, con una sola eccezione.

Se i partiti sono un magma in continua ebollizione e dividono, invece di unire (mentre i leader si muovono per tentativi quotidiani, e un po’ alla cieca), deve concludersi che rappresentano una figura in via di estinzione? Prima di giungere a questa drastica conclusione, proviamo a cercare la spiegazione di questa «disarticolazione del sistema politico istituzionale» (così l’ha definita Alessandro Campi su Il Mattino del 30 maggio scorso).

Vorrei provare a indicare una ragione — quella che ritengo fondamentale — della ossificazione dei partiti: la realizzazione/esaurimento delle tre grandi tradizioni che hanno dominato la storia novecentesca della società italiana, quella liberale, quella popolare e quella socialista … leggi tutto

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