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Il’in, Putin e i neoconservatori: da Dio alla violenza il passo è breve (ilsussidiario.net)

di Vincenzo Rizzo

DIETRO LA RUSSIA

Putin e i circoli neoconservatori che lo sostengono, fautori della guerra in Ucraina, hanno studiato a memoria Ivan Il’in. Ecco il suo pensiero

È il pensatore russo più citato in questo periodo: Ivan Il’in (1883-1954). La  notorietà deriva dalla diffusa interiorizzazione delle sue idee all’interno dei circoli neoconservatori russi, fautori dell’invasione dell’Ucraina. Tutto è iniziato nel 2005. Il famoso regista Nikita Michalkov, autore di tanti capolavori (Oci ciornieUrga12, ecc.), ammiratore di Alessandro III (interpretato ne Il barbiere di Siberia) e del periodo zarista, promosse la traslazione delle spoglie mortali del filosofo al cimitero del monastero Donskoj di Mosca.

Nel corso della cerimonia, Michalkov fece un solenne discorso, volto a riconoscere la grandezza eroica dei Bianchi e a favorire la riconciliazione nazionale. La Grande Russia, nella sua ottica, era stata presente nelle idee di uomini totalmente diversi, che si erano combattuti su fronti opposti. E Il’in aveva pienamente sostenuto nella sua opera l’autentico spirito russo contro la decadenza e la corruzione.

Un messaggio importante, dunque, per dare spinta e vigore alle giovani generazioni, fornendo linfa ideale per la ricostituzione dello spirito da grande potenza non solo nucleare, ma culturale e politica.

Dopo il discorso del grande regista, diversi imprenditori vicini al Cremlino provvidero a far rientrare dagli Usa in Russia l’archivio del prolifico autore.

Nel corso degli anni successivi, molti nuclei teorici di Il’in hanno sedotto e conquistato le menti di politologi e intellettuali russi. Lo studioso hegeliano ha esercitato grande attrattiva, soprattutto, per il suo nazionalismo e per la giustificazione morale dell’uso della forza. Il’in, infatti, criticò accesamente Tolstoj nel suo libro Sulla resistenza al male attraverso la forza (1925).

Il grande scrittore, memore della sua drammatica esperienza militare, aveva sostenuto l’importanza della non violenza e sminuito il ruolo dello Stato di fronte alle scelte dell’individuo.

Aveva inoltre difeso, pubblicamente, il perseguitato movimento religioso-settario dei duchobory, guidato da Pëtr Verigin e caratterizzato da pacifismo ed egualitarismo (AA.VV., Culture della disobbedienza. Tolstoj e i duchobory. Con una raccolta di testi di Tolstoj e il carteggio con Verigin 1895-1910, Bulzoni 2004).

La visione di Tolstoj, per Il’in, è miope, perché incapace di cogliere la cecità di chi fa il male. Contro i nemici di Dio e dello Stato bisogna esercitare necessariamente la forza. Il corpo dello Stato, infatti, è un organismo vitale che non può essere contaminato dall’esterno o minacciato nella sua esistenza da forze disgregatrici interne, poiché ciò provocherebbe la distruzione della totalità.

Esso ha bisogno, perciò, di uomini audaci che si pongano come guide sicure: “personaggi eccezionali e al di là della storia, capaci di imporre sé al potere” (T. Snyder, Ivan Il’in. Il filosofo del neozarismo di Putin, a cura di A. Lombardi, Italia storica, Genova 2022).

Proprio all’interno di questa visione fideistica ed eccezionalista, si colloca l’ ammirazione del filosofo per Mussolini prima e per Hitler poi. Anche Il’in, come altri suoi contemporanei, era stato influenzato dai falsi Protocolli dei Savi di Sion; si espresse, così, a più riprese, in modo caustico, contro “il giudeo-bolscevismo”, causa di tanti mali. In un secondo tempo, orientò le sue simpatie verso forme di nazionalismo meno belliciste come quelle di Franco e Salazar.

In tale ottica si colloca, perciò, la sua concezione della politica come “arte di identificare e neutralizzare il nemico”. La sua giustificazione della violenza autoritaria deriva da una radicale sfiducia sulla presenza di un’Alterità generativa nella storia. Snyder, a tal proposito, fa notare che per Il’in l’evangelico “non giudicate per non essere giudicati” consisteva nelle “parole di un Dio fallito con un figlio condannato” (T. Snyder, cit.).

Compito dell’individuo, eticamente e cristianamente irreprensibile, è perciò quello di essere totalmente assorbito dall’appartenenza alla comunità, per combattere i nemici dell’ordine divino. Tale radicalità apocalittico-ideologica è basata su di un immanentismo irrazionalistico, che non vede l’oltre, secondo Vasilij Zenkovskij, celebre autore di una monumentale Storia della filosofia russa (1948-50) … leggi tutto

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