Il messaggio arrivato dalle urne (corriere.it)

di Antonio Polito
La sostanziale tenuta del centrodestra e del Pd 
non giustificano fibrillazioni tali da mettere 
in difficoltà l’esecutivo
Seppur con le caratteristiche di un voto amministrativo, in cui la gente cerca essenzialmente buoni amministratori, questa consultazione elettorale un segnale politico l’ha però dato. Si potrebbe dire che ha premiato la coerenza e punito l’ambiguità. Le forze politiche che provano a stare un po’ di qua e un po’ di là, come la Lega di Salvini e i Cinque Stelle di Conte, che sostengono il governo ma gli mettono i bastoni tra le ruote ogni volta che possono, escono sonoramente ridimensionate.
 Clamoroso su fronte leghista è il caso di Verona. Dove non solo il sindaco uscente del centrodestra arriva al ballottaggio da secondo, battuto dall’exploit di Damiano Tommasi, candidato anomalo e civico di una grande coalizione di centrosinistra; ma addirittura l’ex Carroccio, in Veneto la più potente macchina elettorale dai tempi della Dc, è accreditato di un misero 6%, quasi la metà del risultato di Fratelli d’Italia, e cede molti consensi all’ex sindaco e transfuga Tosi.
Il partito della Meloni sembra anzi stabilmente e ovunque avanti al partito di Salvini. P are che la disputa sulla leadership del centrodestra sia stata per il momento risolta dal voto di domenica: nei comuni in cui si è votato, Fratelli d’Italia è il primo partito della coalizione.
E però neanche Giorgia Meloni stravince, come si vede proprio a Verona, dove il sindaco uscente era un suo uomo. Né andare da sola altrove le ha particolarmente giovato. Il suo è quasi un sorpasso all’indietro: la Lega perde così tanto da farsi scavalcare.
Le trasformazioni in atto nel voto del centrodestra, accoppiate al flop del referendum sulla giustizia che Salvini aveva quasi «scippato» ai radicali per farne una battaglia politica di prima grandezza, apriranno certamente un confronto nella Lega, anche se riservato e misterioso, come nella tradizione di quel partito. Accettare di perdere la guida del centrodestra a vantaggio della Meloni, anche in caso di federazione con il partito di Berlusconi, sarebbe la fine dell’epoca salviniana, la crisi definitiva del progetto di partito nazionale a trazione personalistica.
D’altra parte, il centrodestra non può dirsi affatto sconfitto nel complesso. Dei quattro capoluoghi di regione, tre sono suoi: Palermo (strappato alla sinistra), Genova e L’Aquila. E l’altro, Catanzaro, può diventarlo al ballottaggio perché, nonostante le divisioni, il suo candidato è nettamente primo.
Però i rapporti di forza sono rivoluzionati dall’ascesa di una leader di destra, e non si capisce come questo possa essere compatibile con la crescita dei centristi, addirittura determinanti nei successi dei tre capoluoghi e nella conquista del ballottaggio a Catanzaro.
I voti delle varie componenti non si sommano più così agevolmente, e Berlusconi non li federa più. Che cosa sarà il centrodestra tra un anno è insomma un vero enigma … leggi tutto

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