La peggiore sconfitta di sempre.
Il 2,2% del Movimento 5 Stelle ottenuto alle ultime amministrative, nei comuni con più di 15.000 abitanti, rappresenta il punto più basso della creatura di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Una caduta libera, quella del Movimento, dal 32%,7 delle elezioni politiche del 2018.
Mancanza di presenza sul territorio, divisioni interne tanto strutturali da non fare nemmeno più la fatica di tentare di nasconderle. Il garante Beppe Grillo sempre più distante, invischiato in guai giudiziari e spesso contrasto Giuseppe Conte. Davide Casaleggio che ha abbandonato la barca.
Un tribunale di Napoli che ritiene illegittimo lo statuto con il quale Conte è stato eletto alla carica di presidente.
Una parabola che riprende la traiettoria più classica dei partiti populisti una volta arrivati al potere, una volta seduti dentro quel Parlamento da aprire come una scatoletta di tonno, sul quale al contrario i parlamentari hanno deciso di sedersi comodi, tapparelle abbassate, senza tanto preoccuparsi di quello che accade all’esterno.
Il peggior risultato di sempre
Giuseppe Conte lo ammette. Colui che, forte della sua popolarità da presidente del Consiglio dei Dpcm notturni, doveva far risalire il Movimento nei sondaggi, non nasconde la sconfitta nella sede a via Campo Marzio: “Va detto che per la natura dell’elettorato del Movimento è normale fare fatica alle Amministrative. Ma il risultato non ci soddisfa e non ci può soddisfare”.
Che le amministrative non sarebbero andato bene i pentastellati se lo aspettavano. Ma i risultati hanno le fattezze di una disfatta: a Genova, la città di Beppe Grillo, hanno preso il 4,5%, a Palermo, dove hanno storicamente riscosso consenso, il 7,3%, a Catanzaro il 3,8 %. A Parma e a Verona hanno deciso di non presentarsi.
In diversi dei maggiori capoluoghi (Genova, l’Aquila, Catanzaro) hanno presentato un candidato insieme al Partito democratico, che con il suo 15,7% può permettersi di disegnarsi come “carro trainante” – leggi come il Partito che detta le regole – alle prossime elezioni politiche.
Conte continua a rifiutare la definizione di subordinato e il segretario del Pd Enrico Letta sa che senza Conte le possibilità di vittoria contro la coalizione di centrodestra sono nulle. L’alleanza rosso-gialla però non è stata premiata dagli elettori: le due forze sono in un cul de sac, si ritrovano in una convivenza forzata necessaria e allo stesso tempo insipida per gli elettori.
Come finirà? I malumori suscitati dall’alleanza, d’altronde sempre malcelati nel Pd, agitano i democrats e in casa 5 Stelle, si sa, non va meglio … leggi tutto