di Agostino Gramigna
L’assessore all’Istruzione del Veneto di Fratelli d’Italia bersagliata sui social dopo il suicidio della professoressa transgender, espulsa da scuola nel 2015.
E a suo tempo criticata. «Contro di me un attacco politico»
Cloe Bianco si è suicidata il 10 giugno, dandosi fuoco nel camper in cui abitava, ad Auronzo di Cadore (Belluno). Cloe Bianco insegnava fisica, materia in cui era laureata, in un istituto di San Donà di Piave, prima di essere allontanata dalla cattedra e ricollocata con funzioni di segretaria. I due eventi, a distanza di tempo, si sono come attorcigliati al medesimo filo. Legati da una tragica rottura esistenziale.
Il testamento
Un messaggio breve, un testamento pubblicato sul blog. Una bottiglia di vino, l’elogio della vita e alla fine i resti di un corpo carbonizzato. Il suicidio di Cloe ha commosso, ha toccato l’anima di molti, ha acceso il dibattito sui social. E smosso polemiche e accuse.
Da un lato il movimento Lgbt che ha ricordato la vicenda e ha definito Cloe vittima di transfobia. Dall’altro (ed è di queste ore), Elena Donazzan, assessore istruzione, formazione, lavoro e pari opportunità del Veneto, che a 24 Mattino su Radio 24 ha rinfacciato il movimento Lgbtq di «usare la morte tragica del professor Bianco per fare una polemica politica, solo per cercare di trovare la visibilità, per attribuire una responsabilità, senza farsi una domanda sul modo del suo coming out».
L’assessore, che continua a chiamare Cloe il «professor Bianco», come sette anni fa, ha dichiarato di essere stata presa di mira dagli odiatori seriali ( sulla sua bacheca Facebook sono apparsi ieri migliaia di messaggi da tutta Italia, molti che ripetevano il nome di Cloe; messaggi che sono stati cancellati, ndr ). «Da tre giorni i miei social sono attaccati con minacce di morte, con parole d’offesa a me e alla mia famiglia, alla mia vita».
In abiti femminili
Una mattina di sette anni fa Cloe, all’anagrafe Luca Bianco, si era presentata in classe in abiti femminili. Aveva deciso di mostrarsi con l’aspetto che sentiva rispecchiare la sua vera identità. Agli alunni aveva chiesto di essere chiamata Cloe e aveva spiegato il motivo della sua scelta. Ma non tutti capirono. Non tutti accettarono. Il padre di un alunno scrisse una lettera indignata ad Elena Donazzan che all’epoca era Assessore regionale all’Istruzione.
«Ma davvero la scuola si è ridotta così?». Donazzan non ci mise molto a rilanciare la lettera su Facebook. Condividendo l’opinione del genitore, pubblicando una serie di interviste e postando commenti poco favorevoli al «professor Bianco». Cloe fu sospesa per tre giorni dall’insegnamento. Il suo comportamento fu giudicato non «responsabile nè corretto». Successivamente venne spostata a ruoli di segreteria. Fece ricorso ma perse la battaglia. Andò avanti per un po’. Si arrese.
Lasciato il paese si rifugiò nel camper, dove il 10 giugno si è tolta la vita e ha scritto il suo testamento: «Oggi la mia libera morte, così tutto termina di ciò che mi riguarda. In quest’ultimo giorno ho festeggiato con un pasto sfizioso e ottimi nettari di Bacco, gustando per l’ultima volta vini e cibi che mi piacciono. Questa semplice festa della fine della mia vita è stata accompagnata dall’ascolto di buona musica nella mia piccola casa con le ruote, dove ora rimarrò» … leggi tutto